Boccaccesco
boc-cac-cé-sco
Significato Relativo a Giovanni Boccaccio, che ne imita o ricorda lo stile; licenzioso, salace, piccante
Etimologia dal nome dello scrittore Giovanni Boccaccio (1313-1375).
Parola pubblicata il 13 Gennaio 2022
boc-cac-cé-sco
Significato Relativo a Giovanni Boccaccio, che ne imita o ricorda lo stile; licenzioso, salace, piccante
Etimologia dal nome dello scrittore Giovanni Boccaccio (1313-1375).
Parola pubblicata il 13 Gennaio 2022
Entriamo (ancora una volta) nell’incantato reame degli aggettivi deantroponimici (!), cioè quelli derivati da nomi di persona. Un regno tutto abitato da gente importante, che si è distinta nei più svariati campi — e ci torniamo per un caso molto curioso. Ma non partiamo da Boccaccio, signore eponimo dell’aggettivo: partiamo dal suffisso.
Il suffisco ‘-esco’, di derivazione germanica, fa correntemente questo gioco di trasformare un nome di persona in un aggettivo (lo fanno anche ‘-ano’, ‘-iano’, ‘-ista’); il dato curioso è che, rispetto ai suoi colleghi, è usato in maniera preferenziale sulle persone che si distinguono nel campo dell’arte (seguono a distanza persone della politica e personaggi della fantasia, secondo una ricerca del professor Christian Seidl). Gli aggettivi che ne vengono fuori sono spesso aggettivi di relazione: se parlo della Commedia dantesca, quel ‘dantesca’ non sta tanto qualificando ‘Commedia’, quanto sta descrivendo una relazione fra la Commedia e Dante — la Commedia di Dante. Ma possono anche raccontare la qualità di qualcosa ‘fatto nello stile di’, ‘ che ricorda lo stile di’ (come quando il mio professore di storia dell’arte disegnava madonne giottesche sulle tovagliette di carta della pizzeria). Difficilmente si aprono significati più specifici.
Di Giovanni Boccaccio si possono dire tante cose. Uomo mondano e di squisita dottrina, mise al servizio del sapere medievale non solo un’intelligenza sopraffina e uno spirito artistico e umoristico senza pari, ma anche una caparbietà da mulo: a lui si deve tanta parte della prima riscoperta umanista del greco antico — una conoscenza che era perduta da secoli, nell’Europa occidentale.
Ora, ‘boccaccesco’ ha anche valore relazionale — ‘di Boccaccio’ — e descrive anche chi o ciò che imita Boccaccio. Ma non ci stupisce scoprire che ha maturato altro di più preciso, e che questa qualità ulteriore si lega soprattutto al Decameron: è o non è un’opera cardinale per la letteratura italiana, anzi per la lingua italiana stessa? Però questo ‘boccaccesco’ non distilla la bellezza della prosa, l’acume delle facezie, la profondità umana che vi è rappresentata: ‘boccaccesco’ significa salace, piccante.
Perché in effetti nel Decameron non mancano racconti di azioni erotiche, situazioni capaci di offendere le morali più pudibonde: basti pensare che durante la Controriforma, che nella seconda metà del Cinquecento strinse i costumi, nonostante l’opera fosse tenuta in grandissimo conto furono pubblicate versioni censurate del Decameron — fra cui la rassettatura del cavalier Lionardo Salviati, fra i fondatori dell’Accademia della Crusca.
Boccaccio, nelle sue novelle, racconta il sesso in maniera libera e leggera: c’è vitalità, c’è spontaneità, c’è motivo di riso, qualche tratto mordace. C’è normalità — il medioevo non è come spesso lo si dipinge.
È nel Novecento che il boccaccesco prende questo profilo franco e peculiare, di cui va notata la distanza con una volgarità triviale, greve. Boccaccio ci dice che, con eleganza, si può parlare anche di ciò che potrebbe parere sconveniente. Così possiamo parlare degli aneddoti boccacceschi con cui il cugino condisce tutti i grandi pranzi di famiglia, senza che passino mai il segno; di uno scambio di messaggi boccacceschi che prelude a un certo avvicinamento; delle avventure boccaccesche di fine estate.
Se poi si vuole parlare di Boccaccio, di chi o ciò che imita o ricorda Boccaccio senza incorrere nelle ambiguità di questo significato particolare, l’aggettivo collega ‘boccacciano’ è privo di ogni malizia.