Intercidere
in-ter-cì-de-re (io in-ter-cì-do)
Significato Tagliare in mezzo, recidere; interrompere, ostacolare, impedire
Etimologia voce dotta recuperata dal latino intercìdere, derivato di caedere ‘tagliare’ con prefisso inter- ‘in mezzo’.
- «La relazione è stata intercisa, alla fine.»
Parola pubblicata il 04 Luglio 2025
Ci servono parole affilate per un discorso preciso? Questa fa per noi.
Il concetto non è ostico — è solo colto in maniera raffinata. Anzi ci è proprio familiare: in effetti lo frequentiamo continuamente, con parole che se non sono brute spesso sono almeno brusche: è un regno di gesti forti.
L’intercidere è un ‘tagliare in mezzo’ (in latino caedere è ‘tagliare’, inter- è ‘in mezzo’). Se il recidere (suo parente) si focalizza sul distacco deciso fra le due parti tagliate, se il troncare ci offre questo significato con uno schianto secco e violento, se il dividere accede a grandi altezze d’astrazione, l’intercidere resta lì. Nel mezzo. Nel punto dove interviene il taglio.
Lo fa con grazia e precisione d’aura chirurgica. La casa editrice stabilisce che di un libro ne devono essere fatti due, e intercide la storia; per un errore nei lavori in cortile vengono intercisi dei cavi fondamentali; una diade di amici viene intercisa dal sospetto di un tradimento.
Sentiamo che grado di nitore abbia questa parola: è precisamente un tagliare in mezzo. Ed è facile immaginare il seguito dei suoi significati: il tagliare in mezzo è facilmente un interrompere, un ostacolare, un impedire. S’intercide ogni comunicazione in modo che nessuno possa ricevere imbeccate durante il concorso; i cantieri estivi intercidono un numero disperante di strade; il corso d’acqua viene interciso da una frana; e il regolare svolgersi del lavoro è interciso dalla pastiera portata dal collega.
In un italiano arcaico l’intercidere è stato molto vicino all’impedire, al vietare, e quindi poteva essermi intercisa un’azione, una decisione dall’alto poteva intercidere il dialogo — ma sentiamo che tutto si tiene, che sono significati estremamente contigui e ancora accessibili.
C’è una forza, una difficoltà dolorosa, nell’intercidere: il mezzo su cui interviene ha l’aria d’essere vivo e pulsante; è una parola elevata, e quindi tende ad essere applicata a roba importante. E possiamo notarlo anche con un caso letterario eccellente: è interessante come ‘intercisione’ (intercision nell’originale) sia il nome scelto dallo squisito Philp Pullman per la tremenda procedura che, in Queste oscure materie, separa un umano dal suo daimon.
Facile da intendere, non è nemmeno difficile da usare — ma come tante parole sottili ci mette davanti la difficoltà specifica di intendere quando possiamo usare la sua sottigliezza. Di tagliari nel mezzo ce ne sono a bizzeffe; è da capire quali vogliamo chiamare così. La risorsa, in ogni caso, è formidabile.