Maniero
ma-niè-ro
Significato Dimora non fortificata del feudatario; dimora signorile di campagna
Etimologia dal provenzale maner, derivato del latino manère ‘rimanere’.
Parola pubblicata il 17 Febbraio 2022
ma-niè-ro
Significato Dimora non fortificata del feudatario; dimora signorile di campagna
Etimologia dal provenzale maner, derivato del latino manère ‘rimanere’.
Parola pubblicata il 17 Febbraio 2022
Salendo le curve della vecchia sconnessa strada di terra battuta, fra i tronchi di querce e noci secolari di un bosco ombroso ecco che s’inizia a intravedere sulla cima del colle… una casa? Oddio, dire ‘casa’ è un po’ riduttivo… Allora un castello? Ma ‘castello’ attinge a un immaginario più militare, e posso sentire che non calza. Una villa, allora? Parola leziosa, a confronto di quel che indovino. È un maniero.
In realtà il termine ‘maniero’ ha molto a che vedere col castello: infatti il suo è un passato feudale, in quanto dimora del feudatario. Letteralmente è il luogo in cui il feudatario ‘rimane’ — dal latino manere, restare, attraverso il provenzale maner. Però a differenza del castello non era munito di fortificazioni: perciò si sposta verso un profilo di casa padronale. Infatti in epoche posteriori il maniero resta la dimora signorile, specie quella posta a dominio di una tenuta.
Per questo è un termine fondamentale del nostro immaginario: il maniero, specie in quanto vestigio di passati nobiliari, di fasti datati (magari in rovina, magari conservati), toppo di un potere di antica radice, è tipicamente teatro di narrazioni suggestive, spesso apertamente inquietanti. Un luogo severo, che riesce ad essere sinteticamente distante nello spazio e nel tempo dalle nostre realtà consuete.
C’è però una parola parente da mettergli accanto.
Anche ‘magione’ scaturisce dal verbo latino manere. Però il suo uso, che ci arriva attraverso la trasformazione della mansio latina nella maison dell’antico francese, è sempre stato più versatile: rimane un appellativo per case di un certo livello, ma non c’è l’ingombro di un passato feudale, e si possono avere magioni in città e fuori città. Può segnare una distanza sociale, ma la magione ha un profilo che non ha nulla, in sé, di poco rassicurante. Tant’è che scherzando invitiamo il gruppo con cui lavoriamo a una cena alla nostra magione — ci sarà da stringersi. Se l’invito giocoso fosse al nostro maniero, ci metteremmo sopra un’ineffabile ombra.
Resta solo da notare come la sorte di questa parola sia una viva testimonianza di come certe parole, se riescono a riprendere l’onda di una narrazione condivisa, anche se desuete possano tornare vigorosamente in vita. Sul dizionario di Tommaseo, forse il più famoso dizionario ottocentesco d’italiano, il lemma ‘maniero’ sfoggiava una croce senza appello — ma nel Novecento è tornato in auge.
Anche se non è una sorte delle più comuni: ad esempio c’era un secondo ‘maniero’ che dalla tomba non è tornato. Un aggettivo, parente di ‘maniera’, che avvicinava i suoi significati al mansueto, raccontando le qualità dell’affidabile e del ben addestrato con un’azione domesticatrice della mano — ad esempio, si parlava di falchi manieri. Dipende tutto da ciò che solletica la nostra fantasia, la nostra ordinaria verve narrativa.