Mecenate

me-ce-nà-te

Significato Generoso protettore delle arti

Etimologia dal nome di Gaio Cilnio Mecenate, influente personalità vicina a Cesare Augusto.

Che parola elegante e dotta! E com’è eloquente! Anzi spesso è eloquente anche oltre le intenzioni di chi la usa: infatti nel termine ‘mecenate’ sono adombrate delle eterne dinamiche di potere che vanno molto più in profondità rispetto alla semplice concezione oleografica di un patrono delle arti. Un’immagine creduta olimpicamente serena è invece piuttosto incendiaria.

Gaio Cilnio Mecenate era un uomo molto ricco della Roma del I secolo a.C. — dapprima era solo ricco di famiglia (peraltro famiglia equestre, non senatoria). Fu però la stretta amicizia con Gaio Ottavio Turino — che sarà poi meglio conosciuto come Cesare Augusto, primo imperatore de facto — a proiettarlo in una sfera di potere economico e amministrativo di primo piano sulla scena mondiale. Ebbe incarichi dominanti e grandi occasioni di mano libera in grandi affari, fu un diplomatico e un amministratore di valore indiscusso, e in maniera altrettanto indiscussa fu amante di ozi sardanapaleschi e delle arti.

Ora, la sua fama immortale è legata al suo circolo, polo culturale di artisti e intellettuali. In particolare Mecenate ebbe la lungimiranza di finanziare, sovvenzionare, mantenere e ungere il gotha della letteratura latina del suo tempo — che è un po’ quello della letteratura latina di sempre (se non della letteratura di sempre tout-court): due su tutti gli affiliati, Virgilio e Orazio.

Questi grandi artisti poterono dedicarsi anima e corpo alla loro arte imperitura, grazie a Mecenate, certo. Ed è questa parte emersa di questo rapporto ad essere solitamente evidente anche oggi quando si parla di mecenati: il mecenate è la persona ricca che sostiene l’artista, in modo che possa dedicarsi all’arte senza preoccuparsi del pane (e magari nemmeno del companatico).

Però Mecenate non si limitò ad appoggiare generosamente questi artisti. Aveva qualche interesse a guidare, con discrezione, la loro arte: una nuova era imperiale aveva bisogno di voci che la sapessero cantare. Così, a quanto pare in un ambiente lontano da quelle brutte pressioni esplicite che ci potremmo immaginare, anzi in un ambiente amichevole, fervido, Mecenate operò le sue suggestioni. Virgilio e Orazio, ad esempio, mutarono in maniera sensibile la loro poetica, che si fece più impegnata, più celebrativa. Ad esempio, un poema come l’Eneide è un quantomai opportuno mito di fondazione.

Anche oggi, se si parla di mecenati, si deve avere chiaro che il sostegno mecenatizio difficilmente non influisce sull’artista: il mecenate dà all’artista una dimensione di libertà, ma spesso a scapito di altre — specie se il mecenate ha interessi politici.

E d’altro canto va notata anche l’iperbole costituita da questa antonomasia: Mecenate fu un altissimo e potentissimo, e protesse degli altissimi e immortali — quindi il suo richiamo, anche da parte del sostenuto che chiama mecenate il suo sostenitore, implica una proiezione estremamente elevata di sé e dell’altro, che difficilmente sfugge al gioco dell’incenso e della lusinga di ambedue.

Quindi possiamo parlare senza doppiezze della coraggiosa opera di mecenate di Peggy Guggenheim, del collettivo di artisti in cerca di un mecenate o insoddisfatto del proprio mecenate, dell’amministratore borioso che si atteggia a mecenate, o di come il mecenate nel Paese autoritario coltivi servi della propria narrazione.

Una parola luminosa, che racconta il riconoscimento generoso, schietto e intelligente di un valore, ma che in quanto parola di potere sa proiettare ombre lunghe.

Parola pubblicata il 16 Settembre 2021