Panottico

pa-nòt-ti-co

Significato Edificio carcerario circolare ideato dal filosofo inglese Jeremy Bentham alla fine del Settecento, in cui tutte le celle possono essere controllate da un singolo sorvegliante posto al centro; edificio radiale; struttura di controllo sociale centralizzato

Etimologia dall’inglese panopticon, costruito con gli elementi greci pân ‘tutto’ e optikón, neutro di optikós ‘visibile’.

  • «Ci fece ruotare e sfalsare i banchi a mo’ di panottico, per poterci controllare tutti stando seduto alla cattedra.»

I destini delle parole riforgiate modernamente a partire da antichi frammenti di greco sono dei più diversi. Nel caso in cui questi frammenti siano in effetti elementi comuni, che si prestano a interpretazioni differenti, è possibile — come accade col ‘panottico’ — che da una composizione greca salti fuori un vero cespuglio di parole. Ciò nonostante, qui abbiamo un significato centrale estremamente interessante e con venature inquietanti, appeso a un conio specifico.

Alla fine del Settecento il filosofo inglese Jeremy Bentham (che avevamo già incontrato come inventore del termine ‘deontologia’ e che incontreremo di nuovo in futuro) ebbe un’idea per un carcere di nuova concezione, un carcere circolare, in cui un singolo sorvegliante posto al centro potesse controllare tutte le celle di tutti i piani.

Lo chiamò Panopticon, adattato in italiano come panottico, componendo il greco pân ‘tutto’ e optikón, neutro di optikós ‘visibile’ — anche se c’è chi ci sente dentro l’eco di Argo Panóptes, gigante multiocchiuto del mito greco.
Il panottico di Bentham in realtà non fu costruito, ma questa sua idea si è sviluppata nella lingua in due direzioni metaforiche diverse, la prima più architettonica la seconda più funzionale.

L’idea architettonica alla base del panottico è uno sviluppo radiale del carcere a partire da un centro da cui è interamente visibile — e così diventano panottici gli edifici che hanno questo tipo di pianta.
Possiamo parlare del panottico della nuova biblioteca, ramificata intorno a un padiglione centrale, di come si ammiri l’intero giardino a panottico dal belvedere di un’edicola, di come il panottico di un vecchio manicomio sia stato riadattato a centro espositivo.

Ma se invece prendiamo il panottico come struttura, in senso lato, in cui ogni persona può essere osservata allo stesso tempo da un’unica entità vigilante, allora possiamo anche parlare del panottico di uno Stato autoritario che controlla capillarmente la rete internet, del panottico tappezzato di schermi a cui trasmettono immagini tutte le telecamere stradali della città d’arte, del panottico del balcone da cui la nonna guardava la piazza — e non c’era fatto o relazione che la sfuggisse.

Il riferimento al Panopticon di Bentham, esteso come edificio radiale o struttura di controllo centrale, è un riferimento di grande impatto, che spiazza con una dottrina ricercata — ma anche un po’ elitista, per la verità, visto che non in ogni contesto chi è presente e ci ascolta o legge ha presente quella trovata carceraria. Ma è una risorsa brillante per quando sappiamo che non cadrà nel vuoto.

Poi certo, siamo davanti a una parola che avulsa da Bentham ci parla di un ‘tutto visibile’, concetto a dir poco largo. E allora, riprendendo il cespuglio di cui dicevamo, diventano panottiche anche le collezioni museali in stile Wunderkammer, ‘Camera delle meraviglie’, in cui sono raccolti esemplari di vaste varietà d’arte e di specimen naturali — quasi in rappresentanza di tutto. E non solo, sono panottici anche gli strumenti che mirano a migliorare la vista agendo su difetti dell’occhio, come occhiali forati, mentre in biologia sono panottici quei metodi che permettono di colorare tessuti organici, differenziandoli e rendendoli visibili.

Significati diversi, variegati, certamente di portata comune inferiore rispetto agli esiti del Panopticon di Bentham — ma che ci danno la dimensione di quanto le parole siano materiali da lavoro versatili.

Parola pubblicata il 18 Giugno 2022