Retropensiero
re-tro-pen-siè-ro
Significato Pensiero nascosto, che non si vuole esprimere; scopo recondito, secondo fine
Etimologia composto di retro- e pensiero, è calco del francese arrière-pensée.
- «Credo non si sia fatto vedere per non disturbare, o forse perché non ti voleva incontrare — non so quali siano i retropensieri che lo tengono lontano.»
Parola pubblicata il 07 Maggio 2022
È una parola spesso usata con un certo compiacimento, ed è semplice capire perché: parlare di retropensiero, cioè di pensieri nascosti e fini non dichiarati, ammanta il discorso d’intelligenza, di un’intelligenza che indovina l’occulto — adombrando perfino una certa qual lettura del pensiero.
Ha uno smalto che si fa notare. Ricalcando il francese arrière-pensée, ci presenta un dietro le quinte, un retrobottega in cui accadono cose diverse o inattese rispetto a quello che si vede sul palco o al bancone. Conosciamo soltanto azioni e manifestazioni del pensiero: ciò che sta dietro, l’intenzione, resta la parte sommersa dell’iceberg. Per questo il ventaglio dei suoi significati è così articolato: il retropensiero può essere il semplice sottinteso, il pensiero che meramente non è stato esplicitato. Ma può anche essere quello che non è stato esplicitato per qualche motivo strutturato, che non abbiamo osato manifestare, o che magari dà forma a scopi reconditi, a secondi fini.
Quindi possiamo parlare del retropensiero che porta a chiedere un ulteriore controllo, di quello che trattiene dal fare un’osservazione critica, del retropensiero che sorregge una dichiarazione politica, del retropensiero che annusiamo sotto un comportamento bizzarro dell’amico, del retropensiero che non sospettavamo fosse nella mente della persona che all’improvviso avanza richieste drammatiche, o che tradisce.
È una parola che ha proprio in questa versatilità e incisività di rappresentazione il suo punto di forza: se ragioniamo dei disegni che stanno dietro a un atto, abbiamo già abbandonato l’osservazione del pensiero per analizzare un piano; se parliamo di fini, intenzioni, scopi che occultamente muovono qualcuno, cerchiamo di mettere a fuoco una direzione, un obiettivo, non un pensiero. Se invece parliamo di mero pensiero (senza retro-) — del pensiero che sorregge la dichiarazione, del pensiero annusato sotto al comportamento — allora non riusciamo a cogliere in purezza una porzione di pensiero reticente: magari ci tiriamo dentro anche posizioni generali, artificiose, artate. Ecco: proprio qui sta il punto determinante.
Nel concetto di ‘retropensiero’ c’è una certa aspettativa di autenticità. È còlto così com’è (o si crede che sia) in una sorta di accesso documentaristico a una fase precedente a quella in cui il pensiero è pronto per mostrarsi. Quasi di sorpresa. Come quando si sbircia nel laboratorio di pasticceria e vediamo il pasticcere con le dita nel naso — ma in un atto mentale che vuole essere un po’ più elevato. Tirando in ballo il retropensiero, dietro gli effetti sbirciamo le articolazioni magmatiche e riservate di cause mentali, nella spontaneità del loro assetto.