Sfregio
sfrè-gio
Significato Ferita, bruciatura, cicatrice che deturpa il viso; grave offesa, disonore
Etimologia da sfregiare, derivato di fregiare con prefisso negativo s-.
- «Ci ha inflitto uno sfregio molto grave.»
Parola pubblicata il 13 Giugno 2023
Maneggiare oggetti di cui non si immagina il peso ce li può far scappare di mano, rompere. Allo stesso modo, non è raro che non si capisca il peso di una parola, e che quindi venga usata a sproposito — in una maniera rozza, che non ne preserva il filo. Invece, riuscire a usare con proprietà una parola garantisce anche che si conservi affilata per quando ne abbiamo davvero bisogno. Non è un’analogia alata, è una piana realtà.
Lo sfregio è spesso confuso con lo spregio. Questo è possibile per due evidenti prossimità. La prima è morfologica: differiscono per una singola lettera, e peraltro ‘f’ e ‘p’ sono fonemi distanti solo una minima ulteriore chiusura del labbro. La seconda è semantica: insistono parzialmente sullo stesso concetto, che potremmo approssimare col disprezzo. Questo fa sì che siano facili da scambiare, ma a un certo costo.
Lo sfregio è una parola serissima, drammatica — e dalla storia peculiare. Infatti non servono dottrine ermetiche per scoprirlo derivato da ‘fregio’, una parola estremamente interessante. Questo descrive un tipo di ornamento, specie a fascia, e architettonico (ad esempio si può parlare del fregio sulla facciata di un edificio); ma è anche un ornamento in senso più generico, e possono avere fregi automobili, abiti — anzi, il fregio nasce proprio come bordura d’abito ricamata. Questo nome deriva (ma guarda un po’ dove torniamo) dalla Frigia, regione storica dell’Anatolia: nell’antichità il Phrygium (o meglio opus Phrygium, ‘lavoro frigio’) era giusto quel tipo di orlo ricamato. Naturalmente, il fregio può anche fare un passo figurato, e si può parlare di come un sapere speciale sia fregio di una persona, di come una tradizione sia un vero fregio locale.
Però si nota: il fregiare e il fregiarsi non parlano solo di beltà che si acquisiscono in virtù di un fregio concreto o morale. Ci parlano di onore, levatura. Se mi fregio di una vittoria, quel tipo di ornamento, di medaglia, significa un particolare valore; se fregiamo un nome di meriti, non è per agghindarlo, ma per omaggiarlo, elevarlo. Questo ci interessa in negativo, per lo sfregio.
Si salta a dire che lo sfregio è una grave offesa, un disonore, un affronto, un insulto — che si fa, si riceve, si soffre e via dicendo. Però in mezzo c’è un bel tratto da attraversare: lo sfregiare è alla lettera un togliere ornamento che è, nella dimensione che dicevamo, un togliere onore. Ha trovato una tremenda dimensione concreta nell’infliggere una ferita al volto — deturpante, si dice, se c’è qualcosa di turpe in una cicatrice. È una ferita che non s’infligge a caso, vuole essere vistosa e ricordata, monito perpetuo. Così prende forma lo sfregio nel Cinquecento, poi trasportato sul piano più astratto dell’onore, per cui una vittoria sleale può essere uno sfregio, può essere uno sfregio un’insinuazione abominevole. Se proprio il tavolo era antico e importante, possiamo dire che con la mia disattenzione l’ho riempito di sfregi. Ma capiamo bene che stiamo viaggiando su un’intensità di concetto alta.
Realisticamente, l’offesa che magari vogliamo comunicare è difficile che sia paragonabile a quella mossa da una creatura infame che con rasoiate o ustioni vuole cancellare un viso odiato — a un vero sfregio. Dobbiamo avere la consapevolezza di quanto sia grave il paragone.
Insomma, si possono abbracciare casi in cui l’offesa sa avere un tono più paritario e compassato. Ad esempio, lo spregio è un atto che comunica disprezzo: non ha immagini concrete di riferimento, lo spregiare è un tiepido ‘non tenere in pregio’. Posso non risponderti a spregio, per gratuito spregio ti rinfaccio errori passati durante la riunione, a spregio occupo il parcheggio che ritieni tuo, e per spregio, quando entri in ascensore, peto. Non dobbiamo per forza sconfinare nel campo della violenza: possiamo attestarci su offese più andanti. Se no, quando dovremo parlare non dei nostri fattucci, ma di momenti in cui seriamente qualcuno cerca di sopprimere il volto, l’identità, la stima e l’onore di qualcuno, che parola potremo usare?