Struzzo
Parole bestiali
strùz-zo
Significato Uccello del genere Struthio, originario dell’Africa
Etimologia dal latino tardo struthio, a sua volta dal greco struthos, passero, normalmente usato nella forma strouthiokamelus (passero-cammello) o strouthos megale (grande passero).
Parola pubblicata il 17 Gennaio 2022
Parole bestiali - con Lucia e Andrea Masetti
Un lunedì su due, un viaggio nell'arcipelago dei nomi degli animali, in quello che significano per noi, nel modo in cui abitano la nostra vita e la nostra immaginazione.
La grande domanda non è se gli struzzi nascondano davvero la testa sotto la sabbia per sfuggire ai predatori, ma come abbia potuto diffondersi una diceria così assurda. Solo i bambini sotto i quattro anni credono che non vedere gli altri equivalga a non essere visti, il che li rende comicamente imbranati a nascondino.
È vero tuttavia che lo struzzo può cercare di mimetizzarsi, abbassando la testa per assomigliare a un cespuglio; ciò avviene soprattutto durante la cova, gestita con equità ed astuzia: la femmina, di colore bruno, se ne occupa durante il giorno, mentre il maschio, che è nero, di notte.
È vero anche che, come altri uccelli, lo struzzo ha l’abitudine di ingoiare sassi per favorire la digestione (chi nasce sdentato deve pur ingegnarsi), e proprio per questo è diventato il simbolo dell’Einaudi. La cosa andò così: nel Cinquecento un capitano di cavalleria riuscì a vendicare l’uccisone del fratello dopo anni di perseverante attesa; prese quindi a suo emblema uno struzzo, accompagnato dal motto Spiritus durissima coquit (lo spirito valoroso digerisce le cose più dure). Emblema e motto, pubblicati nel 1574 in una raccolta di immagini allegoriche, furono adottati nell’Ottocento da una rivista ed ereditati dall’ultima casa editrice che la pubblicò: l’Einaudi, appunto.
Ad ogni modo è certo che lo struzzo è un animale sui generis: una sorta di uccello all’ennesima potenza (da qui il nome greco di ‘grande passero’), eppure privo della caratteristica fondamentale, il volo. In compenso a terra tocca velocità di 70 km/h; non per nulla si esibisce spesso in gare, non ultimo il “Derby degli struzzi” che si svolge nel New Jersey con l’ausilio di bighe romaneggianti.
E sì che lo struzzo non è il membro più bizzarro della famiglia: appena quattro secoli fa s’aggirava per il Madagascar l’“uccello elefante”, uno struzzone di 3,60 metri che si pensa abbia ispirato il mostruoso Rok delle Mille e una notte. Peraltro il suo DNA è giunto fino a noi grazie ad alcune uova fossilizzate, per cui chissà, potrebbe essere tra le attrazioni di un futuro Jurassic Park.
Non c’è da stupirsi allora che gli struzzi e i loro parenti siano protagonisti di alcuni tra i più surreali episodi della storia. Anzitutto la “guerra degli emù”, svoltasi in Australia quando, nel tentativo di limitare i danni alle coltivazioni, l’esercito in persona scese in campo contro gli uccelli… e perse.
Meno noto è ciò che avvenne nel neonato stato del Sudafrica che, agli albori del Novecento, campava principalmente sulle piume di struzzo (assai apprezzate dalle signore per i loro cappelli). A un certo punto si diffuse la voce che un traditore stesse per rivelare agli americani l’ubicazione degli struzzi di Barberia: la varietà più pregiata, che nessun occidentale era mai riuscito a trovare. Il governo allora incaricò un veterano di una missione segretissima: infiltrarsi nel Sudan francese, dove secondo una soffiata risiedevano le mitologiche bestie, e procurarsene uno stormo a tutti i costi. Con l’aiuto d’un emiro nigeriano, contattato tramite un mercante ebreo di Parigi, l’agente segreto trafugò 150 struzzi e cavalcò via nel deserto, vanamente inseguito (pare) da spie francesi e americane.
Pochi mesi dopo il commercio delle piume crollò. Dell’inestimabile stormo non si seppe più nulla, salvo che l’ultimo esemplare morì colpito da un fulmine; a riprova che la fortuna è cieca, ma la sfortuna ci vede benissimo.