Tauromachia

tau-ro-ma-chì-a

Significato Combattimento fra tori, o fra tori e uomini

Etimologia dal greco tauromachìa, composto da tauros toro e màche battaglia.

Nel corso dei millenni, diverse culture mediterranee hanno sviluppato riti o spettacoli che prevedevano il coinvolgimento di tori - e non è difficile immaginare il perché: il toro è l’animale di terra più forte dell’area mediterranea, sfidare lui vuol dire sfidare la potenza della Natura. Fra questi ricordiamo la taurocatapsia, cioè il salto del toro (qualcuno ha in mente quell’affresco a Cnosso…?), durante la quale il sacerdote afferrava le corna del toro che gli correva contro, e si faceva lanciare all’indietro dal movimento massiccio del collo dell’animale che scattava in alto per squarciare; o i placidi e cruenti olocausti, in cui il sacrificio del toro era spesso il più pregevole e apprezzato; o la tauromachia.

La tauromachia era un vero e proprio combattimento; in certi casi si svolgeva fra tori, ma in molti altri - e l’onda lunga giunge fino a noi con le corride - era una lotta fra un toro e una persona. Quando votata al semplice spettacolo, la tauromachia rientra in quelle amenità da arena che col senno di duemila anni fa risultavano tanto divertenti; quando connotata da un significato religioso, rientra in quelle superstizioni che col senno di duemila anni fa risultavano tanto suggestive.

Dove finisce allora cotale millenaria tradizione di lotta fra l’uomo e la bestia? Nell’ironia. Oggi, fuori da discorsi storici e artistici, la tauromachia, prima di essere sciocca e cruenta, è ridicola, grottesca: diventa un paradigma di antichità retriva, e sta meravigliosamente bene in bocca a personaggi comici come Luigio Guastardo della Radica (interpretato da Fabio De Luigi nel programma Mai dire Gol). Siamo seri: lottare contro un toro? Niente di meglio da fare? Niente di meglio con cui sviluppare i temi del coraggio e della morte?

Parola pubblicata il 15 Luglio 2015