Scorbacchiare

scor-bac-chià-re (io scor-bàc-chio)

Significato Schernire pubblicamente; sminuire, svilire

Etimologia da corbacchio, accrescitivo di corbo, variante di corvo.

Anche questo è un luogo semantico affollato di parole. Dopotutto il problema di come descrivere il dileggiare, lo sminuire (specie compiuto in pubblico) è di delicatezza e urgenza primaria, nelle nostre vite, quindi è del tutto normale che il bisogno di sfumature sia famelico, e che si sia sviluppato un intero arcipelago di sinonimi.

Tanti sinonimi di questi hanno un tono distinto — e ciò, in certi casi, può portare a perdere un po’ di verve. L’atto è pungente e acre, e se la parola è tiepida come il burlarsi, il motteggiare, il canzonare, il risultato può smussare e ottundere la sua forza aggressiva.
D’altro canto qui non mancano nemmeno espressioni più triviali, che hanno certo un’intensità notevole, e che però spesso riescono ripetitive e sfocate, oltre ad avere la attitudini circoscritte del loro genere — pensiamo allo sfottere, al coglionare.

Abbiamo però un paio di parole che affrontano il problema in maniera particolarmente completa e profonda, e lo fanno con un riferimento al mondo animale: lo sbertucciare e lo scorbacchiare. In entrambi i casi abbiamo animali che sembrano particolarmente inclini al dileggio — le bertucce, che vengono accolte dalla lingua soprattutto nel loro essere screanzate e nel loro modo di fare gazzarra, e i corvi, che col loro articolaro gracchiare sembra parlino, commentino, specie con una certa ostile gravità.

A partire da un accrescitivo della variante corbo, il desueto corbacchio, lo scorbacchiare ci rappresenta un deridere — ma con caratteri particolari evidenti: innanzitutto la situazione che descrive ha un tratto pubblico. Tu mi puoi dileggiare anche se siamo solo tu ed io, ma lo scorbacchiare prende una dimensione collettiva — c’è un gruppo di corvi, a scorbacchiare. In secondo luogo, questa identificazione fra chi sbeffeggia e il corvo gracchiante ha una matrice ironica: non manca di sbeffeggiare chi sbeffeggia. Qui sta la completezza di questo verbo: non è solo molto rappresentativo grazie a un suono ricco e pieno di echi tanto accidentali quanto eloquenti (dallo scornare al bacchiare), ma riesce a coinvolgere a un tempo le due parti coinvolte nell’azione — alleggerendola con la sua saggezza spiritosa, senza ridurla, anche se per intensità e clamore non si colloca troppo lontano dallo svergognare.

Posso scorbacchiare il collega che predica morigeratezza e indulge in lussi bizzarri, il professionista più avido che capace viene spesso scorbacchiato da clienti che non torneranno da lui, e dopo l’affermazione subito sconfessata la sindaca viene largamente scorbacchiata dalle parti alleate e avversarie. Ma c’è di più, oltre al dileggio.

Con un’estensione temperata, lo scorbacchiare diventa uno sminuire, uno svalutare, uno svilire. Si scorbacchiano le idee del nipote che sono, apparentemente, balzane; la critica scorbacchia un film che il decennio dopo sarà considerato antesignano di una nuova corrente; e scorbacchio il commento ostile e peregrino.

Il termine è icastico; forse non è più accessibile come un tempo anzi ha una certa ricercatezza (anche per la progressiva distanza che abbiamo allargato fra noi e il mondo animale), ma una parola che riesce a conservare una simile intensità e articolazione di significato contemplando le complessità di un fenomeno unitario con ironia e autoironia è un valore da considerare.

Parola pubblicata il 31 Luglio 2023