Idiota

i-diò-ta

Significato Stupido, imbecille

Etimologia voce dotta recuperata dal latino idiota, cioè ‘inesperto, profano’, a sua volta dal greco idiòtes, ovvero ‘privato cittadino’, ‘non istruito’ e ‘inesperto della cosa pubblica’, derivato da ídios, proprio, particolare.

  • «Mi sono sentito un idiota.»

Tutti gli insulti sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri, potremmo dire parafrasando Orwell. Idiota è un insulto più uguale degli altri perché è nobile e versipelle: può significare meramente stupido, imbecille, ma può anche designare molto altro, specie in un certo ambito, che è circoscritto, sì, ma non per questo meno utile o meno significativo per il nostro sentire. Ed è in quel molto altro che si attesta come titolo di una delle più famose e importanti opere della letteratura russa, L’idiota di Dostoevskij. Però partiamo dall’etimologia.

In italiano idiota arriva dal latino idiota, che significava inesperto, imperito, profano di una materia. Questo significato lo si deve alla sua origine in greco, idiòtes. Era la parola con cui si designavano i privati cittadini, e infatti ídios da cui proviene voleva dire ‘proprio, privato, non pubblico’ (è un termine che peraltro ritroviamo in una certa quantità di parole composte, come idiosincrasia, idiopatico, idioletto, idiofono, idiotismo). Nella colonna dei significati, poi, spulciando a dovere, si arriva anche a ciò che interessa noi: lo zotico, l’imbecille, l’inesperto, ignorante e rozzo. Idiotèia, ad esempio, è sia la vita privata che l’ignoranza.

In che modo questi due concetti si legano nella psicologia delle genti di Grecia? Coloro che non erano esperti della cosa pubblica, che si occupavano di sé, del proprio orto e poco altro, avevano una visione ristretta, ineducata, senza prospettiva, senza respiro. Le persone pubbliche, quelle sì che avevano istruzione e capacità commisurate alle loro responsabilità. La vita della polis richiedeva raziocinio e conoscenza, sapienza e prudenza. Il significato di idiota gioca su questo piano, sulla dignità che nella società greca aveva l’esercizio della politica rispetto al rimanersene ai margini, al non prendere parte attiva alla vita collettiva, della comunità.

Purtroppo, però, la Storia ci ha mostrato che anche chi esercita la vita pubblica ed è dedito alla politica può restare un idiota, anzi, essere tra i più idioti del mondo e sconfinare nel malvagio: i Greci, vien da dire, sono stati fin troppo idealisti, e non stupisce che certi concetti siano stati partoriti da menti elleniche; ci può sembrare un’ingenuità analoga a quella che concepisce l’aristocrazia, alla lettera, come ‘governo dei migliori’.

E allora, col significato piano di imbecille, noi diciamo che siamo stati dei perfetti idioti a lasciar passare proprio quel treno, nella nostra giovinezza. Ci accorgiamo di che idiota fosse la nostra cotta del liceo per il quale eravamo innamorate pazze, e diamo dell’idiota a qualunque automobilista ci dia sui nervi, con una facilità sconvolgente. L’idiota è ad ogni angolo di strada e magari anche noi siamo gli idioti di qualcun altro senza accorgercene.

Ma l’insulto ha saputo prendere anche una piega differente, con tratti nobili, quasi da concetto teologico. Nella medicina ottocentesca, l’idiozia era il termine col quale si definiva ogni sorta di ritardo nello sviluppo cognitivo e comportamentale delle persone. Ovviamente questa definizione è superata da molto, ma è in tal senso che viene usata da Dostoevskij: nel romanzo, infatti, il protagonista, il principe Myškin, è definito come tale perché affetto da mal caduco (una condizione che al tempo era inclusa nei sintomi dell’idiozia). Il principe è un uomo di una bontà sublime, mite, di perfezione morale. È un Cristo nella Russia dell’Ottocento, è un agnello di totale e perfetta innocenza. È un idiota perché solo un idiota porge l’altra guancia alla percossa, solo un idiota può vivere davvero come Cristo.

Myškin incarna per certi versi un concetto tipico del cristianesimo russo, quello dello stolto per Cristo (che Dostoevskij propone anche nel suo ultimo romanzo, ‘I fratelli Karamazov’). La bontà del principe attraversa tutto il romanzo e rimane intatta e integra, non viene scalfita dalle brutture e le orrendezze di cui è testimone e anche vittima. Egli resta perfettamente buono e retto nonostante tutto, fino alla rovina finale, al tracollo mentale. È anche grazie a questo romanzo che la parola idiota, per certi versi, non è solo dispregiativa, ma possiede anche la qualità di una bontà e di una rettitudine talmente vere, autentiche e inscalfibili che agli occhi dei malvagi, che sono i padroni del mondo, appaiono come le debolezze di una mente inferiore, di uno spirito inutile e votato alla rovina.

Parola pubblicata il 26 Luglio 2025