Astio

à-stio

Significato Malanimo determinato specie da invidia e dispetto, inimicizia irritata e indisposta

Etimologia di origine germanica, forse dalla voce longobarda ricostruita come haist ‘inimicizia’.

  • «Non credevo avesse maturato tanto astio verso di lui.»

Nella galassia dei brutti sentimenti, l’astio si presenta con un’affilatura particolarmente tagliente e una sostanza molto particolare.
I sinonimi non gli mancano, ma si distingue con facilità: il rancore è quasi giurato, e subisce una lunga stagionatura nella grotta dei torti subìti; il malanimo è un’ostilità indefinita quanto un mal di pancia; l’acrimonia è appuntita e paludata, bruciante e spesso polemica; il livore è abbaiato, aggressivo e si dipinge sulla faccia in maniera tremenda — mentre animosità, ruggini e acredini sono pettinate e compassate. L’ostilità stessa è un’inimicizia dall’aria più ragionata e condivisa, e rabbia e odio hanno l’ingombro dei concetti giganteschi, capaci di contenere intere famiglie di parole.

Chiediamo una pista da seguire all’etimologia?
L’astio (come rivela facilmente all’orecchio con la sua intensità) è di matrice germanica. Il gotico haifsts aveva il significato di ‘lotta’, però probabilmente l’ingresso nel nascente volgare italiano della tarda antichità non è da qui, ma dal longobardo — lingua più problematica perché mai scritta, solo qualche parola longobarda da documento ufficiale è stata adattata in latino nero su bianco (mentre in gotico abbiamo la prima bibbia tradotta in una lingua volgare, dal vescovo ariano Wulfila eccetera eccetera, lo abbiamo detto un sacco di volte).

S’ipotizza che l’origine dell’astio sia più direttamente la parola longobarda ricostruita come haist ‘inimicizia’ — e peraltro questo filone di violenza, ostilità e furia si dipana attraverso il mondo germanico soprattutto come ‘fretta’ (lo troviamo nel francese hâte, nel tedesco Hast, nell’inglese haste).

Ora, con una formula così ricorrente da parere una sentenza inevitabile, sui dizionari si dice che l’astio sia un malanimo determinato soprattutto da ‘invidia o dispetto’. Se il punto che riguarda l’invidia è chiaro, e ci dipinge quel sentimento di avversione che la può ammantare, riguardo al dispetto possiamo avere qualche incertezza in più, visto com’è rétro.

Il dispetto unisce irritazione e disprezzo, in una declinazione non lontana dallo schifo. L’astio più che rabbioso è in effetti irritato, e frigge, e si concentra in una valutazione svilente della controparte — ci può essere odio cavalleresco, non astio cavalleresco. Per questo l’astio è in grado di coprire e dare tono e sfumatura a un’altra serie di sentimenti più specifici: invidia e gelosia possono avere perfino uno slancio positivo, ma l’astio è puramente avverso; la rabbia può avere la gioia della giustizia, ma l’astio è terreo. D’altro canto si può gustare novello o invecchiato (può essere freschissimo ma si conserva bene maturando sentori di rancore) e può scaturire dal conflitto più radicale come dalla più epidermica antipatia.

In effetti l’astio pare più un modo di sentimento, una disposizione, o meglio un’indisposizione che tinge stati d’animo dei più disparati — non è assoluto, ma declina la forza reattiva di un’irritazione rispetto a un contatto che ci è detestabile, riguardo a cui in ostilità vedremmo bene un annichilimento.

Così parlerò della risposta piena di astio che ricevo dalla persona che ho offeso senza accorgermene, dell’astio che regna nel vicinato per sgarbi di vent’anni fa, dell’astio che (ti informo con discrezione) c’è fra due colleghe dopo che le ultime scelte al vertice ne hanno favorita una.

È una parola seria e potente, che dà una forte informazione su una posizione dell’animo, con un’etichetta intensa e allusiva — che vanta l’invidiabile equilibrio di essere ricercata e corrente insieme.

Parola pubblicata il 14 Maggio 2024