Bubare

bu-bà-re (io bù-bo)

Significato Borbottare, brontolare a mezza voce

Etimologia voce onomatopeica.

  • «Ha avuto quello che chiedeva, perché buba ancora?»

Lo status di questa parola è piuttosto particolare; dizionari fra i più rilevanti non la registrano, e quelli che la registrano lo fanno senza segnalarla come regionalismo — anche se pare proprio sia in effetti un toscanismo. Ad ogni modo si tratta di una risorsa in più nella selva interessantissima delle lagnanze a mezza bocca — brulicante di parole come una foresta primordiale brulica di vita.

È un regno ricco di onomatopee — dal borbottare al bofonchiare, dal mugugnare al brontolare — e la distanza che lo separa dal lamentare e dal protestare è ampia. Lamentele e proteste possono avere articolazioni chiare e complesse, possono essere stentoree e avere pretese analitiche, mentre qui noi stiamo considerando qualcosa di inintelligibile, la doglianza masticata.

Anche in questo caso, il dispiegamento di parole di origine onomatopeica non troppo dissimili l’una dall'altra ci impone di provare a discernere i loro dettagli fonosimbolici — i significati che scaturiscono direttamente dai suoni.
Il borbottare ha una sua articolazione. Non si sente bene, ma così come borbotto davanti alla scortesia che patisco, possiamo starcene io e te a borbottare nell’ultima fila — capendoci perfettamente fra di noi, anche se le persone intorno sentono solo un bor bot.
Il bofonchiare è diversissimo: non si capisce nulla. Ma pare che, pur con la bocca intoppata, si sforzi di esprimere con un incerto ronzio da calabrone ciò che gira in un animo malmostoso — come quando bofonchio una scusa.
Il mugugno, sentiamo, non gioca sulla ‘b’, resta più in bocca, più masticato — è a stento un dire, a stento produce suono. È poco più di ringhio smussato, come quando mugugno vedendo che gli altri tavoli vengono serviti e il nostro no.
Il brontolare d’altro canto sa avere una certa aggressività, slancia qualche morso di parola, avanza qualche richiesta, ha un suo grado di comprensibilità — e così brontola lo zio leggendo i programmi elettorali.

Il bubare ha un suono semplice. Veicola la sua scontentezza senza durezze aggressive; non è che non riesca a dire quello che vorrebbe: coperto e scuro, magari amareggiato e indispettito, considera forse che non ne valga la pena.
Così buba la nonna quando insisti che davvero hai già mangiato, e a sufficienza; bubiamo quando arriviamo in ritardo e troviamo il parcheggio al completo; e bubo quando i rumori della festa coprono quelli della campagna notturna.
Una soluzione morbida e molto espressiva, fondata su un fonosimbolismo immediato: anche se è la prima volta che la incontriamo, non serve quasi andarne a cercare il significato.

Peraltro i dizionari indicano anche che ‘bubare’ può significare ‘tubare’ — ma è un uso marcato come obsoleto. Quando i piccioni bubano è perché vengono trattati in malo modo.

Parola pubblicata il 31 Maggio 2025