Caerdroia

ca-er-drò-ia

Significato Labirinto unicursale tracciato a terra, specie tipico del Galles, che riprende un motivo di labirinto classico

Etimologia voce gallese, composta da caer ‘muro, fortezza’ e Droia alterazione di ‘Troia’.

  • «E tracciato a terra con le pietre c'era un labirinto a caerdroia, con sette pieghe e un'unica via.»

Non è una via maestra, che si veda tagliare il paesaggio come un’autostrada, ma c’è: c’è una via che dall’antica città di Troia porta in Galles, e anzi a guardare bene ha inizio a Creta, e passa anche dall’Etruria. Potrebbe sembrare un labirinto più che una via, ma oggi è proprio di un labirinto che parliamo.

Il nostro punto d’ingresso è Tragliatella, vicino all’odierna Fiumicino. A fine Ottocento vi viene rinvenuta una brocca etrusca che si rivelerà molto antica. Reca un disegno complesso, che si presta a interpretazioni descrittive e allegoriche delle più diverse. A spiccare sul resto è un elemento: un labirinto.

Non è un labirinto di quelli che ci immaginiamo di solito, del genere che si trova da seguire con la penna sulla rivista di enigmistica o sulla tovaglietta in pizzeria, né da giardino di villa veneta o da videogioco. Non è uno di quelli in cui ci si perde. È un labirinto tutto curve e svolte e soprattutto unicursale, un percorso unico lineare che non offre vicoli ciechi né possibilità di errore: è piuttosto dritto per essere un labirinto, insomma, ma questo è proprio il modo classico in cui veniva rappresentato IL labirinto, il dedalo di Cnosso, a Creta. Insomma, più che essere un labirinto, è il simbolo di un labirinto.

Un’analisi dettagliata del fregio di questa brocca si può trovare qui.

Due cavalieri in bizzarra compagnia vòlti a sinistra sembrano venirne fuori, e vi si nota la scritta Truia, di solito letta come nome della città di Troia. Il labirinto di Troia? Di che stiamo parlando?
C’è un brodo culturale che lega il Palazzo dell’ascia, cioè il labirinto di Creta, e Troia. I miti orientali — perché anche il racconto omerico è un mito orientale, per chi ha abitato le nostre terre prima di noi — arrivano nell’alta cultura, ma percolano anche in quella bassa: di bocca in bocca tutto si mescola e si arricchisce, senza preoccupazioni filologiche.

In questo minestrone di suggestioni incontriamo ovviamente Teseo che fugge dal labirinto col gomitolo d’Arianna. Ma eco di labirinti li troviamo nel racconto di Virgilio (V libro dell’Eneide): Enea fugge da Troia e giunge in Sicilia, dove fa giocare il Lusus Troiae (il Gioco di Troia) per commemorare l’anno dalla morte del padre Anchise — e in questo gioco di cavalleria che manovra e incrocia, gli zoccoli dei cavalli scrivono e riscrivono a terra percorsi di labirinti intrecciati (che i cavalieri della brocca stiano facendo questo gioco?). Ma soprattutto le mura, le mura di Troia, città ideale, impenetrabile, inimmaginabile, contorta, che non si può lasciare: saranno state anch’esse labirinti, in cui si incrociavano e perdevano i destini umani. O no? Ma c’è di più.

L’eco di questi racconti e di queste impressioni che si sovrappongono e mischiano arriva lontano. I pastori del Galles creano in cima a certe colline luoghi con centri sacri per perduti riti danzanti. Sono labirinti tracciati, solo segnati a terra, che lasciano correre la vista, in cui non ci si perde davvero come nel labirinto del Minotauro: sono fatti di alberi, di sassi, sono tagliati nei prati, sono labirinti simbolici. Hanno la settuplice piega del labirinto cretese classico, e sono chiamati caerdroia. Caer è un termine gallese per ‘fortezza, castello’, e si trova in diversi toponimi del posto, pensiamo alla città di Caernarfon. Droia è Troia — magari riletto come parente di troeau, ‘svolte’ (fortezza di Troia, fortezza di svolte).

Il gallese, pur se a partire dal riferimento specifico di un labirinto disegnato a terra con elementi naturali, ci fornisce globalmente un nome univoco per questo genere di labirinto a una sola via, fissandogli addosso quel riferimento mitico che gli è saltato intorno per tutto il Mediterraneo e l’Europa dalla guerra di Troia ad oggi.

Possiamo quindi parlare del disegno a caerdroia che vediamo su una maglietta, della caerdroia di sabbia in cui facciamo correre le nostre biglie sulla spiaggia, della caerdroia che tracciamo sul quaderno nel momento di noia o di ascolto, senza sapere perché. Magari, ci possiamo avventurare nella caerdroia di una lettura lunga e ammirata, e che non si lascia tanto facilmente.

Un’ultima nota.
Questo postremo esito gallese di labirinto unicursale simbolico e rituale, affondando nel mito di Troia e di Cnosso, non scalfisce comunque che la superficie della storia della sua forma. Di labirinti con questa forma se ne trovano di ancora più antichi e in tutto il mondo, dalle incisioni rupestri europee alla simbologia Hopi nordamericana: è un segno archetipico, che l’umanità si porta dietro chissà come.

Parola pubblicata il 30 Aprile 2022