Caracca

Parole semitiche

ca-ràc-ca

Significato Maestoso veliero usato dai Portoghesi e dai Genovesi all’epoca delle grandi scoperte geografiche adatto alle traversate oceaniche

Etimologia attraverso il genovese, di origine dibattuta: forse dall’arabo ḥarrāqa, ‘brulotto’, o forse da qurqūr, attestata in alcuni vocabolari come ‘veliero lungo e grande’, forse legata al greco kérkouros, scialuppa, o al fenicio kelekku, probabile antenato anche della parola araba kalak, dai significati di catamarano e di chiatta fluviale.

  • «Ha sbuffato così forte di disappunto e per così tanto tempo che avrebbe fatto prender vento alle vele d'una caracca genovese.»

La ricerca etimologica di questa parola così specifica si rivela una caccia al tesoro degna dei più grandi esploratori della storia. Pronti? Si salpa!

In principio era il nau, un veliero usato sia a Genova che in Portogallo per le rotte commerciali di lunga percorrenza. Il nau più famoso della storia è senza dubbio la Santa Maria, una delle navi con cui Cristoforo Colombo giunse su un’isola delle Bahamas che ribattezzò San Salvador dopo un periglioso viaggio che comprese sabotaggi, declinazione magnetica e in cui si sfiorò l’ammutinamento della ciurma.

Quando l’epoca delle grandi scoperte era al suo apogeo, i Portoghesi cercavano di costruire barche che conciliassero due modi diversi di concepire il viaggio via mare: quello mediterraneo e quello nordico. Essi rispondevano a due esigenze e a due tipi di navigazione molto diversi. Le navi del mare del Nord erano eredi della tradizione vichinga, lunghe, affusolate e aggressive. I popoli sul Mediterraneo, invece, si appoggiavano all’antica galea e ad altri piccoli navigli agili e adatti alla navigazione sotto costa. Il risultato degli esperimenti ingegneristici lusitani fu prima la caravella, veloce, piccola, agile e pronta alla navigazione oceanica, poi la caracca.

Questa era una nave ben più capace del nau, più sofisticata, poteva arrivare ad avere ben otto ponti e gli alberi erano tutti dotati di coffa (la piattaforma balconata su cui i Bambini Sperduti, Wendy, Gianni e Michele fanno il tifo per Peter Pan quando affronta in duello Capitan Uncino con una mano dietro la schiena). Insomma, tutta un’altra storia rispetto al classico nau.

Ora, osservando la parola e la sua origine, ci troviamo davanti a una situazione curiosamente sdoppiata. Da un lato le fonti italiane sono praticamente unanimi nell’affermare che ‘caracca’ deve essere ricondotto all’arabo ḥarrāqa, cioè ‘brulotto’. C’è chi comprensibilmente si domanderà che cosa sia un brulotto — sarà un dolce, un animale simpatico? No, era una barca che veniva imbottita di esplosivo e diretta verso navi nemiche (‘brulotto’ deriva dal francese brûler ‘bruciare’). Su quale sia però il percorso semantico che fa passare il nome arabo di un piccolo natante del genere a quello genovese per uno transoceanico, c’è silenzio, e ci fermiamo sulla soglia della Babele dei porti. Se a questo aggiungiamo che c’è chi avanza una derivazione di ḥarrāqa da lingue neolatine, la notte si fa ancor più nera.

Invece fonti straniere, inglesi e francesi, sembra preferiscano ricondurre gli omologhi di ‘caracca’ al termine qurqūr. Il significato che viene riportato sui dizionari (pochi) che lo contemplano è uno stringato ‘veliero lungo e grande’. Tante grazie! Noi vogliamo saperne qualcosa di più. Ebbene, a quanto sembra può esserci un legame col greco kérkouros, tradotto dal Rocci come ‘scialuppa’. Alcune fonti affermano che ci possa essere di mezzo una certa influenza fenicia, con la parola kelekku, la quale, in un corto circuito linguistico-temporale, ci riporterebbe all’arabo kalak, cioè catamarano, chiatta, zattera.

Insomma, fra risposte secche che non la dicono tutta e risposte ricorsive che si mordono la coda, le idee non si schiariscono. E stavolta non abbiamo nemmeno il conforto slanciato di usi metaforici invalsi. Ma ancora una volta possiamo ammirare il coacervo di idiomi e culture, di idee e di popoli, nati e fioriti sulle sponde di questo mar Mediterraneo.

Parola pubblicata il 24 Giugno 2022

Parole semitiche - con Maria Costanza Boldrini

Parole arabe, parole ebraiche, giunte in italiano dalle vie del commercio, della convivenza e delle tradizioni religiose. Con Maria Costanza Boldrini, dottoressa in lingue, un venerdì su due esploreremo termini di ascendenza mediorientale, originari del ceppo semitico.