Corsaro

cor-sà-ro

Significato Armatore privato autorizzato dal proprio Stato a condurre per mare la ‘guerra di corsa’; pirata

Etimologia dal latino medievale cursarius, da cùrrere ‘correre’.

  • «Stai attento perché è un corsaro.»

È una figura di fascino leggendario, che si trova in primo piano in narrazioni delle più famose, un vero cardine del nostro immaginario… e però ha un carattere molto specifico che di rado ci si sofferma a considerare. Ad esempio, che differenza c’è da un punto di vista legale e ancora di più da un punto di vista di evocatività, fra il pirata e il corsaro?

In questa parte del cervello abbiamo una cassapanca da cui peschiamo alla rinfusa pirati, filibustieri, bucanieri e corsari.
Sappiamo che sono nomi d’agente, professionali, da collocare per mare in particolar modo fra Sei e Settecento, su golette e brigantini, muniti di sciabole pistole e bottiglie di rum, pronti all’arrembaggio per accumulare enormi bottini da nascondere poi su apposite isole del tesoro la cui posizione è riportata su mappe che eccetera eccetera. Vale la pena notare come sia un luogo comune (suona meglio se lo chiamiamo in greco, topos) che resta in massima parte ignaro delle glorie della pirateria dell’Oceano Pacifico e Indiano.

Tralasciando i filibustieri, tecnicamente aderenti all’associazione della filibusta caraibica, e i bucanieri, che propriamente agivano nell’entroterra, da un punto di vista legale il grande discrimine si fa fra pirati e corsari.
I pirati sono senza legge. Il loro è un nome antico e piuttosto generico — in greco peiratés è il predone. Non hanno amici nelle istituzioni (almeno ufficialmente, s’intende), rapinano e assaltano a loro talento seguendo il profitto e, in ipotesi romanzesca, l’avventura. I corsari invece sono gente più seria.

Più o meno. Sono farabutti solitamente della stessa risma, ma ripuliti come imprenditori e inquadrati in una strategia istituzionale — da cui deriva il loro peculiare nome, che affonda nel cursarius del latino medievale.
Si capisce che il corsaro ha a che vedere con la corsa, e la corsa di cui parliamo non è troppo diversa da quella che intendiamo sui mezzi pubblici e nei parchi di divertimento. La cosiddetta ‘guerra di corsa’ non è quella che si fa velocemente a stormo, hop hop, Blitzkrieg: nel lessico della marina, è la guerra (una parte di guerra) condotta da armatori privati contro i commerci stranieri, attaccando e razziando navi, con l’autorizzazione del potere sovrano a cui rispondono (e che ci lucra). Non è una di quelle guerre marittime in cui si manovra e contromanovra fra flotte militari, facendosi sotto, bloccando i porti, tagliandosi fuori: è una corsa, una spedizione puntuale, una scorribanda che compone il quadro di una grande rapinosa rincorsa sulle rotte commerciali. Questa pratica si adotta da tempi immemorabili (oggi è bandita); e se sulle navi trovavamo ovviamente anche gente di bassa lega, il corsaro, colui che poi in tempi moderni sarà titolare della lettera di corsa (il permesso sovrano), non è l’ultimo degli scalzacani: come anticipavamo è un armatore privato, deve possedere e allestire navi con equipaggi adatti. Quella famosa lettera è anche nota come lettera di marca — la marca, come forse sappiamo, non è solo quella da bollo ma è anche il confine.

Anche se non di rado è usato come sinonimo (insieme a bucaniere e filibustiere) il corsaro ha un’aura di stabilità, rispettabilità e professionalità maggiore, rispetto al pirata — che invece può essere l’epitome del matto. Il corsaro, tecnicamente, deve potersi interfacciare con una realtà istituzionale, anche se in effetti ciò che fa non è molto diverso — pirateggia a mani basse, solo risparmiando le navi e le rotte dello Stato che gli ha dato l’incarico.
E il suo carisma serio di figura al limite si esprime anche attraverso il suono: sentiamo la voluttà della terminazione -aro (al posto di quella -aio), che continua il rugghio di consonanti c-r-s, scurito dalla o. Che effetto!

Dal Corsaro nero di Salgari agli Scritti corsari di Pasolini, e avanti fino ad oggi, i corsari continuano a vivere nella nostra immaginazione — solo lì. Se pensiamo a un concorrente che si rivela un corsaro, a un viaggio corsaro, a un’idea da corsaro lo percepiamo bene: questo nome ci mostra ancora un carattere umano e figurato di avversità enigmatica, esperta e temeraria, che è quadrata e schietta da un lato, controcorrente dall’altro.

Parola pubblicata il 09 Marzo 2024