Culla

Leopardi spiega parole

cùl-la

Significato Lettino per neonati di forma concava o dotato di sponde protettive, generalmente costruito in modo da poter oscillare favorendo il sonno; in senso figurato può indicare i primi anni dell’infanzia oppure il luogo di origine e di sviluppo di qualcosa

Etimologia dal latino tardo cunula, diminutivo di cuna ‘culla, nido’.

  • «Ha mostrato una certa attitudine per i numeri fin dalla culla»

Sfogliando una qualsiasi edizione scolastica di libro di storia ci si potrebbe facilmente imbattere in un titolo del tipo “Mesopotamia: la culla della civiltà”, in cui si racconta di quella fertile terra tra i fiumi in cui nacquero le prime grandi civiltà dell’Occidente.
Scorrendo ancora un po’ di capitoli, si potrebbe poi arrivare a quello in cui è spiegato come l’Antica Grecia sia stata la culla della democrazia, ovvero dove nacque quella pratica di governo che è alla base di molte forme politiche attuali.

Non è infatti raro incontrare questo termine impiegato nel suo senso figurato, inteso cioè come luogo di origine e di primo sviluppo di qualcosa — immagine che di fatto poco si discosta dal significato letterale della parola.
La culla è infatti quel lettino su cui i neonati dormono i loro primi sonni: di forma concava, in modo da accogliere confortevolmente il bambino, e con delle sponde ai lati che la rendano ben sicura.

Un oggetto che può raccontare molto delle abitudini e dei costumi di una cultura, lungo i secoli e le latitudini. Se nell’Iliade Omero ci parla di culle molto simili alle odierne, costruite a forma di barca in modo tale da poter oscillare, scopriamo invece che quelle di molte antiche popolazioni, nomadi e non, erano pensate non soltanto per il momento del sonno ma anche e soprattutto per il trasporto.
Presso le comunità indigene d’America o della Scandinavia settentrionale, venivano (e, in alcuni casi, vengono tutt’ora) utilizzate delle particolari “culle portatili” intrecciate con fibre legnose, dotate di un telaio rigido e di un poggiapiedi che consentissero al bambino di poter stare in posizione verticale e ben protetto, tra imbottiture e una copertura arrotondata sopra la testa:

Donna Navajo e bambino in una culla portatile, di William M. Pennington
(Denver Public Library Special Collections)


Nell’antica Roma le cunae erano invece più simili a quelle dei Greci, e tradizione voleva che vicino ad esse vegliasse la dea Cunina, che proteggeva il neonato da spiriti maligni garantendogli sonni tranquilli.
Ma da dove viene allora il nostro odierno “culla”?

A proposito di berceau, anche noi diciamo positivamente culla che è altresí diminutivo, fatto da cuna (che noi pure abbiamo) o ch’e’ sia corruzione moderna di cunula (che si trova in Prudenzio), o ch’e’ sia forma antica latina, diminutiva anch’essa e contratta da cunula, o indipendente da questo.

Giacomo Leopardi, Zibaldone

Come già ipotizzato dall’acume lessicografico leopardiano, l’italiano culla deriva dal termine latino classico cuna, passato però attraverso la forma diminutiva cunula cioè “piccola culla”.
Tale approfondimento etimologico nasce all’interno di un’analisi più ampia, che Leopardi compie rispetto ad un fenomeno comune a molte lingue neolatine: parole nate da diminutivi che sono andate poi ad assumere significato “positivo” (cioè privo di diminuzione). Per questo cita il caso del francese berceau, che significa ugualmente culla e che sembra derivasse anch’esso da un originario diminutivo.

Oltre al significato letterale del termine, l’italiano culla condivide con il latino cuna anche l’uso figurato con cui si allude genericamente all’infanzia. Così per esempio già Ovidio, nelle Metamorfosi, usava l’espressione “primis cunis” per parlare dei primi mesi di vita del piccolo Bacco.
Con questa stessa accezione, a partire dal secondo dopoguerra prese piede il motto “dalla culla alla tomba” per alludere a politiche di welfare che accompagnassero il cittadino dalla primissima età fino alla fine della propria vita. Espressione che, nell’epoca dei consumi, è poi divenuta un vero e proprio slogan per promuovere la fidelizzazione dei clienti ad un certo marchio fin dalla più tenera età.

Con un largo anticipo sul linguaggio pubblicitario, Leopardi recupera questo stilema adattandolo alle proprie tematiche esistenziali con una sapienza stilistica che, pur nella durezza dei contenuti, offre un’immagine e delle sonorità di indicibile fascino:

[…] A noi le fasce
cinse il fastidio; a noi presso la culla
immoto siede, e su la tomba, il nulla.

Giacomo Leopardi, Ad Angelo Mai

Chissà che avrebbe detto degli slogan di oggi!

Parola pubblicata il 22 Agosto 2022

Leopardi spiega parole - con Andrea Maltoni

Giacomo Leopardi, oltre ad essere un grande poeta, ha osservato e commentato esplicitamente molte parole della nostra lingua. Andrea Maltoni, dottoressa in filologia, in questo ciclo ci racconterà parole facendolo intervenire.