Despota

dè-spo-ta

Significato Sovrano assoluto; chi esercita la propria autorità con durezza e arbitrio

Etimologia voce dotta, recuperata dal greco despótes ‘signore, tiranno’, ma propriamente ‘padrone di casa’.

  • «Scegli sempre tu i posti a tavola! Sei un despota!»

L’etimologia di questo termine può far sorridere. La figura del padrone di casa per noi ha dei caratteri molto umani e normali: spesso è la figura di un anfitrione ospitale, nel peggiore dei casi può essere attore in attriti sull’affitto, ma ecco, nessuno si sogna di prenderlo a paragone del potere assoluto. Sì, c’è quel momento frizzantissimo in cui metti piede nella casa appena acquistata e hai tutto l’entusiasmo delle possibilità che si schiudono davanti, ma già al primo contatto coi vicini, e figuriamoci alla riunione di condominio, l’assolutezza della proprietà di una casa ha tutta la profondità di un cartonato.

Eppure, una delle parole più forti che abbiamo per indicare chi esercita una sovranità assoluta, con arbitrio duro e sfrenato, ha proprio il significato letterale di ‘padrone di casa’. A tendere l’orecchio, a leggere fra le lettere, si nota: il greco despótes, ‘signore assoluto’, è composto da due elementi di ascendenza indoeuropea, in cui si riconoscono la radice ricostruita come dem- ‘casa’, e quella ricostruita come pot-, ‘potere’.

Non è un mistero che nel primo, antico tessuto sociale, il potere pubblico, coi suoi limiti, è stato messo facilmente in discussione: è la politica. È nella sfera privata che troviamo piuttosto delle sfere di vera assolutezza del potere — in capo a una figura patriarcale che di volta in volta viene nominata in maniera diversa e che qui leggiamo come ‘padrone di casa’. Ma il despótes greco, a partire dal suo riferimento originario, finisce a spadroneggiare, signoreggiare senza limiti.

È in questa veste totale che l’umanesimo recupera il suo severo profilo: in italiano il dèspota acquista una doppia dimensione. È il vero tiranno, politicamente inteso, il sovrano autoritario, assoluto. Ma è anche la persona che variamente esercita il suo potere con arbitrio (l’arbitrio è un carattere necessario dell’assolutezza) e con durezza (c’è un tratto spregiativo e spaventato, non si chiama despota chi signoreggia in maniera illuminata — se mai esiste). Ha il pregio di non essere una figura particolarmente immaginifica: non genera immediatamente una fantasmagoria di immagini nella nostra mente — anche perché non sa corrispondere a un profilo di personaggio storico o fittizio con la disinvoltura del tiranno, del dittatore, dell’autocrate. Questo fa sì che sia più versatile, meno pesante. Se ti dico: «sei un tiranno», «sei una dittatrice», «autocrate dei miei stivali!», l’iperbole è grossa, ho bene in mente di che stirpe si sta parlando. Se ti dico «despota» non che stia dicendo qualcosa di meno, ma ci sono meno referenti seri a cui accostarlo. Anche questo, insomma, è un termine con una sua sobrietà.

Così posso parlare di superiori che in ufficio, se non c’è nessuno di scomodo a guardare, esercitano una disciplina da despota, i bambini si oppongono al veto dispotico dei genitori che impedisce di mangiare cioccolata a ogni pasto e sdigiuno, e a forza di vezzeggiarla, la cagnolina si trasforma in una despota.

Per concludere, dicevamo che il despota non ha mai avuto ruoli attivi memorabili, in politica; questo è vero, ma di ruoli meno memorabili sì. Il despótis era il monarca bizantino (in realtà non era solo titolo del monarca, ma non impelaghiamoci). Le voci despòto o dispòto che l’italiano conobbe in antichità non sono recuperi dotti come il parallelo dèspota: sono adattamenti dal titolo di un sovrano straniero. Ricordiamo che l’Impero d’Oriente cadde solo nel 1453.

Parola pubblicata il 11 Dicembre 2023