Henné
Parole semitiche
hen-né
Significato Tintura cosmetica ottenuta dalla pianta ‘Lawsonia inermis’
Etimologia attraverso il francese, dall’arabo al hanna o al hinna. Probabilmente deriva dal medio-persiano hannāy, ma non tutti gli studiosi sono unanimi.
Parola pubblicata il 23 Aprile 2021
Parole semitiche - con Maria Costanza Boldrini
Parole arabe, parole ebraiche, giunte in italiano dalle vie del commercio, della convivenza e delle tradizioni religiose. Con Maria Costanza Boldrini, dottoressa in lingue, un venerdì su due esploreremo termini di ascendenza mediorientale, originari del ceppo semitico.
Se, ammirando una delle innumerevoli e ipnotiche Salomé dipinte da Gustave Moreau, vi siete chiesti anche voi che cosa fossero quei disegni bizzarri che le percorrono il corpo eburneo, forse oggi avrete la risposta che cercate. Avete presente gli intricati, stupefacenti arabeschi che decorano le mani delle spose mediorientali, con sfumature che vanno da un nero vellutato al ruggine intenso? Sono fatti con una tintura vegetale che deriva dalla pianta Lawsonia inermis, in arabo conosciuta come al-hinna, e forse non siamo lontani dalla verità se leghiamo questa antica pratica cosmetica alla diafana Salomé del maestro simbolista. Lei, però, è solo ricoperta da una veste trasparente ricamata con un finissimo disegno, ma l’illusione è perfetta e le membra dell’ipnotica danzatrice sembrano davvero ornate di disegni all’henné.
La pratica di decorare il corpo con questo pigmento non è esclusivamente araba: troviamo tradizioni di questo tipo presso tutte le culture mediorientali, dal Marocco al Pakistan all’India, qui chiamato mehandi. Il significato di questa cosmesi è diverso a seconda della tradizione in cui lo si inquadra: può essere legato alla scaramanzia e all’allontanamento del malocchio, può essere semplicemente benaugurante, o un mero strumento di seduzione usato da una sposa nella prima notte di nozze.
La preparazione dell’impasto la si può fare anche in casa, basta avere una polvere di henné fine, di buona qualità, ricavata dalla macerazione ed essiccazione delle foglie della pianta, a cui poi si devono aggiungere ingredienti che si trovano in una qualsiasi cucina: succo di limone, miele, olii o zucchero.
Se nell’antichità si usavano prevalentemente stecchini e bastoncini per comporre gli arabeschi sulla pelle, oggi è molto facile applicare la pasta densa e profumata, perché ci sono degli strumenti che rendono l’operazione alla portata di tutti: dalle comuni siringhe o sac à poche per i disegni a mano libera di chi è più abile, agli specifici stencil, per andare sul sicuro se non si è nati come Raffaello. In questo modo anche giovani e inesperte studentesse universitarie possono fare esperimenti sulle proprie mani, cavarsela discretamente e magari improvvisarsi artiste di henné per le coinquiline!
La Lawsonia inermis, oltre a fornire il pigmento con cui ci si può disegnare la pelle e tingere i capelli e la barba (come fanno alcuni uomini musulmani), ha delle proprietà antimicotiche e astringenti che sono state sfruttate sin dai tempi più remoti. In effetti si trovano notizie di impiego dell’henné anche nelle ancestrali leggende cananee, nell’antico Egitto e poi nello zoroastrismo, nell’islam, ma anche nell’ebraismo…
Insomma, siamo di fronte ad una tradizione che si perde nel punto più remoto del passato, che ha attraversato i secoli e che perdura, sopravvivendo alle mode, portando con sé simbologie importanti e sempre emanando un’aura magica, ipnotica e misteriosa.