Koinè
koi-nè
Significato Lingua greca, basata sul dialetto attico, che si è diffusa nella zona del Mediterraneo centro-orientale a partire dalla fine del IV secolo a.C.; lingua comune che si diffonde in un territorio sovrapponendosi alle parlate locali; comunanza fra gruppi, specie di natura culturale o spirituale
Etimologia voce dotta recuperata dal greco koiné, femminile sostantivato dell’aggettivo koinós, ‘comune’.
- «È una koinè che si è affermata in tutto il quartiere.»
Parola pubblicata il 02 Settembre 2023
Questa è una parola da capire bene e tenere presente, perché è molto potente. Quando viene detta in un discorso, quando si trova in una frase, si tira dietro un immaginario culturale di peso quasi impareggiabile — e poi è una parola greca, si sa che effetto fanno le parole greche. Peraltro è usata spesso con un tono ecumenico e irenico, universale e pacifico, che la rende anche molto piacevole.
L’etimologia ci presenta dei significati estremamente semplici: in greco koiné è il femminile sostantivato dell’aggettivo koinós, che significa ‘comune’. Potremmo pensarla come la comune. Ma la -che cosa- comune?
Parliamo innanzitutto di koiné diálektos, una lingua comune. Sappiamo che in antichità il greco era una lingua estremamente diffusa in tutto il Mediterraneo centro-orientale — e il perché di questa diffusione è articolato e interessante, anche se si può approssimare una risposta semplice: Alessandro Magno. Il dialetto attico (parlato quindi nella regione di Atene) è stato la base del modello di greco che gli eserciti macedoni e greci hanno portato con sé alla conquista dell’Oriente, e anche se l’impero di Alessandro non è durato più della sua breve vita, i regni epigoni che ne sono nati, specie nella zona mediterranea, hanno continuato a usare come lingua franca questo greco — un greco unico, che supera la precedente frammentazione in dialetti.
Così è in questa koinè che scrissero le grandi menti di Alessandria d’Egitto (anzi tale fu il loro impatto scientifico e letterario è anche nota come ‘greco alessandrino’); in sue varianti variamente avvicendatesi fu tradotta la bibbia nella famosa versione dei Settanta, e furono vergati i vangeli; e fu la seconda lingua dell’impero romano... che rimase poi l’unica.
Capiamo che è un caso storico madornale: una lingua che s’impone su tutto il mondo civilizzato per una sfilza di secoli, prima con la ragione della forza e poi con la forza della ragione (che bella antimetabole, eh?), traboccando di energie e contributi scientifici, filosofici, poetici, letterari, religiosi. Il modo in cui questa koinè diventa modello condiviso, base linguistica e culturale che si pone in alto, sopra ciò che già c’è, fa strada, anche da noi.
Ad esempio quando, a partire dal Cinquecento ma con l’antecedente di Dante, la comunità intellettuale italiana inizia ad accapigliarsi su quale debba essere la lingua da usare (è la famosa ‘questione della lingua’), l’obiettivo era proprio l’adozione e il perfezionamento di una koinè: senza lingua comune non c’è comunità intellettuale. Il caso della lingua italiana è davvero particolare, forse unico (tant’è che gli abbiamo dedicato un’intera pubblicazione), ma il fenomeno generale della comunità linguistica e culturale che si aggrega come superstrato e si sovrappone alla varietà preesistente è piuttosto ricorrente: fotografa situazioni storiche di rilievo, in cui un’espansione militare o economica, o l’affermazione di un prestigio speciale, prende proprio la seguente forma di una comunità culturale e linguistica.
Così possiamo parlare delle koinè cancelleresche che hanno dato via via vita al linguaggio burocratico, o della koinè francese ottocentesca, per cui diritto, politica, arte e mondanità fino a San Pietroburgo parlavano francese (quanti dialoghi in Guerra e pace sono proprio in francese?). Attenzione, però, la koinè non si limita né concentra necessariamente su una lingua: può più ampiamente attestarsi su un terreno culturale comune a più gruppi. Posso parlare della koinè religiosa di nazioni differenti, di come in architettura e musica emerga la koinè multiculturale di una città, della koinè di paesini che celebra un carnevale particolarmente scatenato, della koinè culinaria del medio oriente o della nostra regione.
Alla fine, la koinè è una comunanza — come sinonimo è davvero buono. Ricorrere a ‘koinè’ non significa optare per una parola più profonda (anzi una parola più nostrana come ‘comunanza’ sa spesso toccare corde più profonde di un prestito aulico); significa optare per una parola che porta una ricchezza di significati e casistiche più definita, con una dimensione che predilige il tratto netto dell’uso tecnico a quello sfumato dell’uso emozionato ed emozionante. Resta un senso che meraviglia: usi linguistici e culturali che sono punti d’incontro, luoghi comuni, e quindi creano una comunità.