Mascalcia
ma-scal-cì-a
Significato Arte del maniscalco, che ferra gli zoccoli degli equini e dei bovini
Etimologia da mascalco, forma contratta di maniscalco, attraverso il latino medievale mariscalcus, dalla voce francone ricostruita come marhskalk cioè ‘inserviente addetto ai cavalli’, dall’alto tedesco antico marah, ‘cavallo’, e skalk, ‘servitore’.
- «È uno fra i pochi che ancora pratica la mascalcia.»
Parola pubblicata il 15 Dicembre 2024
La mascalcia è stata tanto importante, fondamentale anzi, nel passato quanto è rara oggigiorno. Che cosa è successo? L’avvento dell’automobile. Che se da una parte ha dato l’impennata all’inquinamento mondiale, dall’altra ha messo fine ad una relazione quotidiana millenaria tra i generi umano ed equino, che però aveva raggiunto il parossismo di violenza e orrore col sacrificio di milioni di cavalli in quel bagno di sangue che è stata la Prima guerra mondiale. I cavalli non debbono aversene troppo a male, quindi.
Non era cosa da poco esser maniscalco, colui che praticava l’arte della mascalcia. I signori si contendevano i migliori e al loro desco avevano un posto d’onore, una posizione di prestigio; infatti, all’epoca delle corti itineranti, ricoprivano un ruolo paragonabile a quello dell’ufficiale ingegnere meccanico a bordo di un sottomarino nucleare: erano i responsabili della manutenzione completa dei motori, dacché non solo si occupavano di ferrare i cavalli o i bovini, ma anche del loro benessere in generale, estendendo le proprie competenze alla veterinaria. Spesso tale figura si sovrapponeva a quella del fabbro, e quindi i maniscalchi erano a propro agio tanto nella fucina quanto nella stalla.
I meno avvertiti si chiederanno come può il mestiere del ‘calzolaio del somaro’ aver avuto un prestigio siffatto da aver prodotto, come epigono ultimo della propria evoluzione etimologica, il grado militare di maresciallo. Ebbene, chiunque abbia voluto dare un’occhiata anche superficiale alla struttura dello zoccolo equino e bovino, si sarà accorto che esso è un miracolo della natura nella sua bellissima complessità. Mica niente essere la persona preposta alla sua cura! Pensiamo a come si viveva e alla logistica dei tempi andati: caricare con some pesanti questi animali e portarli su terreni insidiosi nelle peregrinazioni di gruppi o di singoli implicava essere dipendente dal loro benessere; un cavallo azzoppato era una disgrazia che poteva portare a ritardi di giorni e giorni di missioni, viaggi, migrazioni e pellegrinaggi. E se il ferro di cavallo è un simbolo tradizionale di buona fortuna il motivo è che un cavallo ben ferrato va lontano e ha più chance di vivere a lungo.
Ad oggi la miglior scuola di mascalcia in Italia si trova a Grosseto e la figura del maniscalco è sempre in prima linea quando ci sono di mezzo i cavalli, ad eventi sportivi o parate militari, ovvero in casi rari. E altrettanto rare sono ormai le parole maniscalco e mascalcia (la seconda derivata dalla prima). Hanno un suono pieno, un po’ faticoso, che va masticato in bocca prima di esser buttato fuori. La loro radice viene dalle contrade del nord Europa, dai popoli germanici che parlavano il francone, il cui marhskalk significava inserviente addetto ai cavalli e a sua volta deriva dalle parole dell’alto tedesco antico marah, ‘cavallo’, e skalk, ‘servitore’.
Un’ultima nota: l’etimologia, abbiamo visto, accomuna il maniscalco al maresciallo. Ma c’è un terzo individuo che mangia a tavola con loro alle riunioni di famiglia, un parente di un ramo cadetto, tenuto un po’ nascosto perché il maresciallo, soprattutto, se ne vergogna. È il mascalzone che, da semplice garzone di stalla, ha preso una brutta via e ha frequentato cattive compagnie. Ma la famiglia, sempre quella è!