Perculare

per-cu-là-re (io per-cù-lo)

Significato Prendere in giro, deridere, beffare

Etimologia dalla locuzione (prendere) per (il) culo, con suffisso verbale -are.

  • «Mi hanno perculato per tutto il tempo.»

La lingua non si ferma mai, e fra l’altro è sempre in cerca di soluzioni per rendere più immediato e liscio il passaggio di concetti a cui le masse di parlanti desiderano ricorrere più di frequente. Questo lavoro da fiume non di rado finisce per levigare intere locuzioni, apprezzate e diffuse, in agili ciottoli di parole, di verbi.

È strano da pensare esplicitamente, ma nella galassia della nostra immaginazione la beffa si sostanzia spesso in un paio di gesti: il prendere e il girare. Ti posso prendere per il naso, per il culo (dato che c’interessa per la parola di oggi) e per i fondelli, posso prenderti in giro, raggirarti. Il prendere (peraltro parente etimologico del predare) è qui un tiro, un pizzico, ma anche un afferrare e menare, condurre, mentre il giro continua il condurre e il guidare ma è anche un sorprendere, confondere. Non sono banalità: hanno a che vedere con i primi scherzi — primi in senso ancestrale, che continuiamo a ripetere con cani e cuccioli umani, quando le mediazioni del pensiero sono più smagliate.

Così, anche nel ‘prendere per il culo’ abbiamo un’osservazione poetica bassa e di prim’ordine insieme: è una zona allusiva, che nella rotondità delle natiche concentra giochi e tensioni, con vene scatologiche e sessuali, e un impreteribile, sorprendente punto di presa alle spalle, che sporge con evidenza dal muro di schiena e gambe. A dispetto di queste osservazioni, il successo dell’espressione in italiano, probabilmente a partire da una galassia dialettale, ha una cinquantina d’anni.

Nel “prendere per il culo” abbiamo uno spettro che va dallo scherzo sincero all’inganno beffardo — ci prende per il culo l’amica che finge di passarci una telefonata paventata, ma ci prende per il culo anche l’artigiano del mercatino che ci vende un tagliere fatto da lui senza nemmeno togliere l’etichetta apposta dallo stabilimento nel Fújiàn.

Però “prendere per il culo” è una locuzione lunga, un settenario che deve farsi spazio con un’immagine analitica ingombrante — peraltro con quel ‘culo’ inequivocabile e bene in vista, mentre si sa, può essere un riferimento impertinente. Addirittura, chi si sbilancia a fare ipotesi sull’ascendenza indoeuropea del termine (percorso impervio), avanza una derivazione dalla radice ricostruita come kel, che significa ‘nascondere, celare’ — il che renderebbe la buffa somiglianza fra culo e occulto in una parentela.

Il ‘perculare’ interviene su questo problema, raccoglie la locuzione e la distilla in un verbo: da una ventina d’anni a questa parte ha iniziato a ricorrere in maniera sempre più sistematica. Più pronto e rapido, lievemente più coperto, ha mostrato di essere decisamente apprezzato. Infatti ancora non è un termine accolto dai dizionari, ma da quando è stato messo sotto osservazione come neologismo da Treccani sono passati sei anni, sei anni in cui si è decisamente diffuso anche in una lingua più generale e meno gergale. Insomma, sembra avviato a un’affermazione anche formale.

Così dirò che non andrò a quell’incontro a farmi perculare, il titolo dell’articolo prometterà di spiegare perché un tizio in vista ti sta perculando, mentre mi garantisci che con la figura che ho fatto mi perculerai vita natural durante.

Meno male la lingua passa anche da qui.

Parola pubblicata il 18 Maggio 2023