Sinopia

si-nò-pia

Significato Terra rossa usata per tracciare i disegni preparatori di affreschi e mosaici; il disegno stesso

Etimologia dal latino sinopis, dal greco sinopís ‘terra rossa’, da Sinópe città sul Mar Nero.

  • «Sotto, si può ancora ammirare la sinopia del mosaico.»

Certo è una parola che ha conosciuto altri fasti, in passato, anche perché le varie declinazioni della sua tecnologia sono ormai desuete. Però, in quanto antecedente di una tecnologia corrente, e in quanto elemento di espressioni culturali cardinali (oltre che per l’etimo eloquente e di un genere sempre interessante), è un termine da avere fresco.

Sinope (oggi Sinop) è una città dell’Anatolia affacciata sul Mar Nero — a vedere la cartina, è proprio sulla gobba della penisola. È una città di storia lunghissima, e molto presente (anche se di una presenza discreta) nelle grandi vicende dell’antichità: patria di Diogene il cinico (per quel che gliene caleva), conquistata da Alessandro Magno e capitale del Regno del Ponto, colonia romana istituita da Giulio Cesare, ha dato anche i natali al forse meno famoso teologo Marcione, vissuto fra I e II secolo ed eretico della prima ora — che considerava la divinità dell’Antico Testamento e quella del Nuovo come due, distinte e contrapposte, e predicava un distacco radicale dalla materia del mondo, opera del primo. Non che questo abbia qualcosa a che fare col significato di ‘sinopia’, beninteso: i nomi di luoghi, di città, viaggiano soprattutto col tramite della cultura materiale. Cioè, la roba che viene da un posto, o che si crede venire da un posto, o che proverbialmente viene da un posto, ne prende il nome.

Un’ocra rossa, una tinta di terra è ciò che proveniva da Sinope e che per via popolare, a partire dal latino, ha preso il nome di ‘sinopia’. Ne abbiamo la certezza? Be’, già facendo questo primo passo troviamo qualcosa di curioso. Il latino sinopis è stato recuperato anche per via dotta, ad esempio nel francese sinople e nello spagnolo sinoble, ma indicando il colore verde. Specie in ambito araldico. È escluso che la sinopia sia qualcosa di troppo precisamente definito.
Ad ogni modo, specie nel medioevo, questa sinopia, questa ocra rossa, era impiegata per tracciare i disegni preparatori (cioè i disegni-guida) di mosaici e affreschi sotto le tessere o l’ultimo intonaco, tant’è che a volte la si può vedere affiorare nei punti in cui queste opere si sono rovinate. Dal materiale, passa quindi a indicare il disegno preparatorio stesso.

Cadde in una prima desuetudine nel Rinascimento, con l’evolversi di pratiche più raffinate che permettevano di lasciare una traccia più precisa del disegno preparatorio sopra l’intonaco fresco — su cui si doveva dipingere rapidamente, appunto, a fresco. Per dirne una famosa, la tecnica dello spolvero, che prevedeva di tracciare il disegno su un cartone, bucherellando fittamente i contorni delle figure; applicando il cartone sull’intonaco e spolverandolo in modo che la polvere colorata filtrasse sotto, si ottenevano le tracce su cui disegnare. Non si andava volentieri a mano libera.

Ma la sinopia è rimasta viva nel mondo dell’artigianato. Ad esempio, come polvere con cui impregnare fili sottili: battendo il filo polveroso e colorato teso su superfici murarie o sul legno, questo lasciava la traccia dritta che le maestranze seguivano per tagliare, imbiancare e via dicendo.
Oggi continuano ad esserci traccia-linee a filo che sfruttano lo stesso principio, ma più tecnologici e con polveri diverse. Resta (per la verità è comunque un uso vecchiotto) il riferimento al filo della sinopia in certe espressioni: ‘andare’, o ‘rigare per il filo della sinopia’, ‘seguire il filo della sinopia’ significa andare dritto, senza sbandamenti. Se diciamo che il lavoro segue il filo della sinopia, o che il progetto alla fine va per il filo della sinopia, sappiamo che è instradato bene. Un uso molto sostenuto, che però nei contesti alti può funzionare, e che nel richiamo a una terra rossa conserva questa lunga storia di città distanti, arte e lavoro.

Parola pubblicata il 06 Luglio 2023