Vattelappesca

vat-te-lap-pé-sca

Significato Chissà

Etimologia etimo discusso, dall’espressione vattelo a pesca.

Non è una parola aulica, anzi ha un che di meravigliosamente sgraziato, di schiettamente sgrammaticato: e qui sta la sua forza.

Sulla sua storia, gli specialisti sono divisi. Alcuni fra i più dotti e credibili si sono impegnati a dar conto della sua strutturazione da vàttela a pésca(la) (con due imperativi) spiegando che la ‘a’ non è che una continuazione dell’ac latino (col significato di ‘e’), e la datano in diverse varianti da metà Ottocento circostanziando con locuzioni simili.

Altri invece dichiarano attestazioni cinquecentesche, e ritengono più probabile che si tratti di una sgrammaticatura di grande efficacia. Dovrebbe infatti suonare ‘vattelo a pescare’, ma sostituendo l’infinito con un incoerente secondo imperativo, si ottiene una comunicazione più incisiva.

Rispetto a locuzioni sentite sì ma prosaiche, come il ‘vallo a sapere’ o il ‘vallo a indovinare’, introduce l’elemento poetico essenziale della pesca. Un’attività aleatoria per antonomasia (la pesca di beneficenza è letteralmente una lotteria), che si confronta non con una realtà perspicua (come una caccia), ma con un impenetrabile specchio d’acqua infrugabile, davanti a cui si può solo brancolare con una lenza, senza sapere che cosa verrà su. Perfino disinteressati: vattelo, in pratica non mi riguarda.

Il vattelappesca è arrendevole in maniera tanto enfatica quanto concreta, piana, semplice, e la sua sgrammaticatura aggiunge un’intensità ora stizzita, ora rassegnata. Fa parte di quella categoria di parole che, pur non essendo parole elevate per discorsi formali, sono liriche, penetranti, calzanti, piacevolmente retoriche, e con un suono pieno che regge tutta la frase. E un po’ basse, sì.

Mi serve la ricevuta, porto la mano alla fronte, vattelappesca dov’è finita; ho scambiato la mia sciarpa con quella di un altro, ma vattelappesca chi, ci saranno state cinquanta persone al convegno; un anonimo biglietto romantico sbuca da sotto la porta, vattelappesca chi è il mittente; e certo che oggi sento un’aura allegra, vattelappesca perché.

Non è solo una parola simpatica; tratteggia il mucchio delle acque impenetrabili allo sguardo, vi si ferma davanti, si stringe nelle spalle. Un invito imperativo che è già una noce di storia.

Ah, certi dizionari illustri registrano addirittura come preferibile la variante con una sola ‘p’, vattelapesca. Raccomandiamo di non dare fiducia alle persone che non raddoppiano questa ‘p’, perché chi è insensibile alla lussuria del raddoppiamento fonosintattico è capace di tutto.

Parola pubblicata il 27 Aprile 2020