Vociferare
vo-ci-fe-rà-re (io vocì-fe-ro)
Significato Parlare a lungo ad alta voce; spargere una voce, insinuare
Etimologia voce dotta recuperata dal latino vociferare o vociferari ‘schiamazzare, proclamare’, composto di vox ‘voce’ e fero ‘portare’.
- «Si vocifera che a quella serata ci fossi anche tu.»
Parola pubblicata il 10 Dicembre 2022
Se diciamo che in classe si vocifera, la situazione che ci viene alla mente è quella in cui una voce si sparge in maniera strisciante, un mormorio si diffonde, impicciandosi, magari spargendo discredito su qualcuno — non ci sovviene, piuttosto, un grande urlare sguaiato. E invece è proprio questo il punto di partenza del vociferare: la sua evoluzione è una splendida testimonianza di come i significati pruriginosi e minacciosi ci attirino, e si affermino.
A guardare i significati che vociferare aveva in latino, non abbiamo dubbi: siamo davanti a un ‘dar voce’ che richiede un bel fiato. Gridare, schiamazzare, ma anche protestare, e poi proclamare, dire ad alta voce — senza una sbavatura di incertezza. E anche in italiano, recuperato nel Duecento, mostra questi precisi caratteri, ripuliti dal tempo e dal disuso: un parlare a lungo a voce alta.
Quindi, seguendo questo millenario filone di significato, in classe dovrebbe vociferare chi insegna, chi subisce un’interrogazione, chi conciona su un argomento incandescente, chi si gode caoticamente la ricreazione o il ritardo della lezione successiva. Ma oggi è un senso raro.
Di solito quando usiamo il verbo ‘vociferare’ lo intendiamo in un’accezione che si è affermata a partire dal Rinascimento, e che è gemmata dall’atto del propalare notizie, da un proclamare che divulga. In effetti ha selezionato le modalità più pericolose e minacciose di questo atto: quelle che lo riducono in quanto a volume, pubblicità, e che hanno contenuti incerti, sensibili, da delicata anticipazione, o spesso proprio malevoli, che proiettano spregio, disdoro — se non infamia. Dopotutto esistono molti canali per far correre indiscrezioni e meschinità, ma quelli che funzionano meglio sono quelli surrettizi — la dichiarazione pubblica risulterebbe spesso sfacciata, e potrebbe essere contrastata.
Questa piega si mostra con grande, semplice forza nella formulazione impersonale che quasi sempre si accompagna al vociferare. Si vocifera che sarà lui il nuovo presidente; si vocifera che sia stata in galera per furto; si vocifera che lei l’abbia lasciato perché psst psst psst. Non c’è un occhio di bue che colga qualcuno nell’atto di vociferare: questa voce, che etimologicamente viene portata, non è più stentorea come in antico. Serpeggia importuna, impudente, molesta, petulante, in un labirinto di echi specchiati, senza una fonte individuabile.
La lingua, sulla via del vociferare, ha abbandonato la via alla luce del sole, quella dello sgolamento e della sicurezza, e ha abbracciato quella in ombra, della voce che si ripete e corre, incerta, intrigante, insinuante, curiosa. Una variazione di complessità che vuole inseguire una pratica più attraente e tagliente.