Consentaneo

con-sen-tà-ne-o

Significato Conforme, corrispondente

Etimologia voce dotta recuperata dal latino consentaneus, da consentire ‘consentire’.

Del consentire non resta che una fiammella, nella lingua più corrente: alla fine si riduce a un ‘permettere’ — come quando consentiamo di aggiungere due parole, o ci è consentito di vedere qualcuno in un frangente difficile. Però, a un secondo sguardo, è del tutto evidente che si tratterebbe di una parola enorme (con-sentire, diamine); uno spaccato diverso, che rende profondità a questa grande portata, ce lo dà il consentaneo.

Il consentire è figlio del sentire — un verbo cardinale, che in latino è un percepire coi sensi, un provare, ma anche un discernere, un ritenere, un giudicare. Proprio in virtù di questa dimensione di giudizio il consentire emerge in latino come un essere d’accordo (in senso ampio, perfino un congiurare!), e un essere in armonia, un corrispondere: Bene, facile fino a qui. Ma scendiamo dove si vede peggio.

Il filone da cui scaturisce il sentire (la sua radice indoeuropea è spesso ricostruita come sent-) pesca in un significato che unisce il notare e l’orientare, il direzionare (per dire, anche il tedesco senden e l’inglese to send, col significato di ‘mandare’, son di questa pianta). Questo punto è essenziale, perché parla della nostra mente a un grado molto profondo.

Pare strano che il sentire sia in origine un sinolo di percepire e di andare? Eppure lo viviamo così ancora oggi: noi abbiamo cinque sensi (in realtà di più), ma anche le inanimate strade un senso unico o un doppio senso ce li hanno, no? Dopotutto, cercando di non fare metafisica della lingua, sono i sensi percettivi che ci orientano all’esterno, e due pensieri possono andare nella stessa direzione.

Insomma, per cogliere con sintesi il punto, il consentire aggiunge all’ampiezza del sentire la pluralità di una situazione d’incontro, in cui sentiri e giudizi diversi si armonizzano, convengono — e questo è l’attributo fotografato dal consentaneo, che ci offre i significati di conforme, corrispondente.

Appartiene a un registro elevato, letterario, ed è volentieri usato nella lingua dell’amministrazione e del diritto; offre un taglio di significato meno rigido, meno protocollare rispetto al conforme stesso, meno sussiegoso del confacente, e più incisivo rispetto alla vaghezza del corrispondente. E dà l’impressione di una profondità maggiore rispetto alla funzionalità dell’adatto, al decoro del consono, oltre che di un’adesione più forte rispetto alla tollerabilità del compatibile. Anche se conserva un grado di formalità che non è sempre quello che serve.

Infatti possiamo parlare di un apprezzato provvedimento comunale consentaneo a un bisogno della cittadinanza, chi cura l’antologia di testi che riguarda una certa esperienza di viaggio ne sceglie dei migliori fra i consentanei, e certe iniziative sono consentanee a precise aree politiche. Di azioni consentanee agli istinti piuttosto che alla ragione si sentirà parlare solo in tribunale, o su pagine altere — e se regaliamo un libro all’amico dicendogli che lo crediamo consentaneo ai suoi gusti, risulteremo distanti e affettati.

Precisione, ricercatezza e ampiezza di respiro che si spinge fino alla suggestione sono grandi risorse, ma non servono proprio sempre.

Parola pubblicata il 30 Marzo 2022