Cremisi

Parole semitiche

crè-mi-si

Significato Tonalità di rosso luminoso con sottotono blu propria di un pigmento che in tempi antichi era ricavato dalla frantumazione di gusci di cocciniglie

Etimologia attraverso il latino medievale cremisinum, dall’arabo qirmīz, a sua volta dal persiano kirm, che sta per ‘verme’.

Se si va a curiosare nella storia dei colori, ci si imbarca per un viaggio affascinante, che ci fa scoprire in che modo una cosa semplice e diretta come il colore era percepito dalle civiltà passate e che ruolo esso ha avuto nell’evoluzione umana. Il blu, ad esempio, nell’antica Roma, lungi dall’esser sinonimo di nobiltà come accadde in epoca moderna, era considerato il colore dei barbari, perché le popolazioni celtiche usavano il pigmento ricavato dal guado per colorare il proprio volto prima di scendere sul campo di battaglia (Braveheart ce ne ha dato un bell’esempio cinematografico, ma anche i calzoni a righe di Obelix non scherzano). Il rosso in tutte le sue sfumature era ben più apprezzato, tanto da diventare IL colore romano per eccellenza: dal pompeiano al cinabro al porpora, esso era un vero e proprio status symbol, sia per la preziosità delle materie prime da cui era ricavato, sia per il concetto di dignità e regalità che gli si associava.

Il cremisi, in particolare, è un tono di rosso (questo qui sopra) vivace, brillante, con un fondo bluastro che lo raffredda lievemente. Lo troviamo ad esempio nel gonfalone di San Marco, a Venezia. E proprio la Serenissima sembra essere stata la probabile porta d’entrata della parola in italiano: compare infatti già in testi del XIV secolo stampati nella città lagunare. I rapporti commerciali con l’oriente paiono esserne all’origine: in arabo la tintura cremisi era infatti qirmīz, e ancora oggi questa parola è usata, ad esempio, come nome proprio maschile, col significato, appunto, di ‘rosso cremisi’. Per dire un più generico rosso, invece, si usa la parola ‘ahmar.
Volendo essere ancora più precisi, pare che nell’arabo medievale il qirmīz significasse una ‘tintura rossa armena’, questo perché l’insetto da cui si otteneva il pigmento in questione era una cocciniglia particolare, la Porphyrophora hamelii, molto diffusa sugli altopiani dell’Armenia.

Quando gli arabi fecero conoscenza di questa cocciniglia colorante, la chiamarono con la parola che sentivano usare ai persiani: kirm, cioè ‘verme’ (la radice indoeuropea che sta dietro è mutata in kworm, che poi in inglese, per fare un esempio, è divenuta worm. Bello no?).
Abbiamo già parlato del rapporto privilegiato che nei secoli l’arabo e il persiano, due lingue di origine diversa, hanno intessuto: cremisi è un filo rosso brillante persiano che si è intrecciato all’ordito dorato della lingua araba, creando un meraviglioso arabesco linguistico che si è espanso in tutte le lingue europee.

Sebbene cremisi sia una parola che indica un tono di rosso specifico che forse solo gli addetti ai lavori del campo artistico possono usare con cognizione di causa, nella lingua di tutti i giorni possiamo però dire che quando Claudia ha ricevuto quel mazzo di rose davanti a tutti è diventata color cremisi, o che lo spettacolo del cielo cremisi in un tramonto estivo ci mozza il fiato, o anche che ritroviamo nascosto in qualche cassetto un compito in classe di matematica in cui il blu dei nostri incerti scarabocchi d’algebra è sopraffatto dal cremisi dell’impietosa penna del professore.

Parola pubblicata il 29 Gennaio 2021

Parole semitiche - con Maria Costanza Boldrini

Parole arabe, parole ebraiche, giunte in italiano dalle vie del commercio, della convivenza e delle tradizioni religiose. Con Maria Costanza Boldrini, dottoressa in lingue, un venerdì su due esploreremo termini di ascendenza mediorientale, originari del ceppo semitico.