Esiziale
e-si-zià-le
Significato Dannoso, rovinoso, mortale
Etimologia voce dotta recuperata dal latino exitialis ‘pernicioso, nocivo, fatale’, derivato di di exìtium ‘rovina, fine violenta’, derivato di exire ‘uscire, finire’.
- «La notizia che mi dai può essere esiziale. Dobbiamo indagare.»
Parola pubblicata il 25 Gennaio 2023
È una parola dal significato estremo. Per la verità, un estremismo un po’ ammorbidito dall’altezza del registro — è difficile trovare parole elevate che siano anche incandescenti — ma la sua gravità è semplicemente somma. Non abbiamo tante parole che portino un significato con questo grado di intensità.
Siamo davanti a un Mr. Hyde dell’antichità. Infatti il latino exire, che vuol dire semplicemente ‘uscire, finire’ (letteralmente ‘andare fuori’) ha originato un termine che ci è familiare: exitus, da cui il nostro ‘esito’, una parola eminentemente media, neutra nel suo significare una fine, una conclusione, un risultato, senza implicare tratti positivi o negativi. Ma da questo Dr. Jekyll nacque e si distaccò anche un parallelo exitium (con una ‘i’ in più), che invece è esclusivamente una fine terribile: rovina, disastro, distruzione, sterminio, eccidio, morte violenta. Una domenica mattina di primavera.
L’exitus ha avuto l’esito che riconosciamo nel termine ‘esito’, mentre l’exitium è passato in italiano con un termine poco fortunato, ‘esizio’, che ne conserva gli accomodanti significati; di successo molto superiore è stato invece il prestito colto dal derivato exitialis, appunto l’esiziale.
L’esiziale è ciò che apporta un danno grave — ciò che ha come conclusione, come finale un esito funesto. Possiamo parlare di un conflitto esiziale che non avrà né vinti né vincitori, delle pratiche esiziali della vicina di casa (siamo al secondo intervento dei pompieri, questo mese), di come sia esiziale l’isolamento nel momento di fragilità, o di un’abitudine non solo viziosa, ma esiziale — e dell’esiziale scortesia del lasciare vuoto il calice dello zio.
Di parole che vogliono dire più o meno questa stessa cosa, di sinonimi che insistono su questo brillante tratto d’esperienza del mondo (il dannoso, il rovinoso, il mortale), ce ne sono in abbondanza — com’è logico che sia, la gente d’ogni risma (e dentro ci siamo in massima parte anche noi) adora da sempre anticipare la catastrofe. E sono spesso termini elevati: dopotutto la profezia della persona realista o del menagramo richiede un certo tono.
Ad esempio abbiamo la possibilità del funesto, un termine maestoso, dai toni più scuri e morbidi, e anche più emozionali — doloroso, amaro, infelice. Il fatale ci mette sui binari scritti di un fato — e solo con un restringimento semantico, per quanto comune, si assimila al mortale. Dannoso, nocivo e deleterio hanno un respiro più normale, meno intenso dell’esiziale; il micidiale è altrettanto intenso ma è più rumoroso, spiattella l’attitudine all’omicidio in modo colorito ma meno coperto, meno elegante; il pernicioso è molto vicino all’esiziale, ma forse è meno solenne, più concreto, tanto da essere adatto anche al lessico medico.
L’esiziale ha un suono stretto, spigoloso, severo; dichiara uno sguardo ampio e urgente sul labirinto delle cause e degli effetti. Non ha una caratura solo letteraria, è una moneta che si può spendere in ogni discorso che si possa permettere con serietà o ironia un pensiero un po’ più alato; e però è un termine che piega tutta la frase sotto il suo peso. Una risorsa non delle più ridenti, ma di prima importanza.