Furgone

fur-gó-ne

Significato Autoveicolo per il trasporto di materiali e merci

Etimologia dal francese fourgon, da un termine del latino volgare ricostruito come furico ‘attizzatoio’.

  • «Sono arrivati or ora col furgone!»

Non è sempre detto che studiare meglio una parola abbia dei risvolti utili che impattano direttamente sulle nostre abilità linguistiche. A volte schiudere un piccolo mistero rimasto nelle vecchie pieghe dell’uso ci dà soltanto la possibilità di cogliere una continuità nell’esperienza umana, una compresenza col passato, l’essenza originaria di certi oggetti del mondo che diamo sbrigativamente per scontati.

Il furgone è un veicolo da lavoro, per l’esattezza un autoveicolo per il trasporto di merci e materiali. Niente di troppo grosso, se no diventa un camion; invece può anche essere piuttosto piccolo. Grintoso, pragmatico, fattivo, il profilo del furgone popola le nostre giornate, dal di dentro o dal di fuori. Certo che però è una parola strana.

Non sembra avere parenti, specie nel suo campo di significato. La sua radice ci risulta criptica, e le parole vicine, sul dizionario, parlano di tutt’altro. Curioso, per una parola così comune.
Il fatto è che si tratta di un termine che nasce per via popolare da una lunga rimasticazione tardo-antica e medievale.

Il francese fourgon vuol dire allo stesso modo ‘furgone’ (in effetti ne traiamo il nostro ‘furgone’), ma arriva a questo significato per una via letteralmente laterale, e che parte latinamente dal furto.
No, non stiamo parlando di un antico carro furbesco: il latino furari ‘rubare’ ha dato origine a verbi frequentativi ricostruiti come furicare, che però perdono il nesso col furto per diventare dei… frugari. Il rovistare del furicare dà vita (si ricostruisce: sono parole che sono state solo pronunciate, non scritte), al furico, l’attizzatoio, che fruga nelle braci. Un bel bastone lungo e robusto per attizzare i grandi fuochi del profondo medioevo.

Ora, se nel medioevo avevi un carro e una bestia da legarci, potevi fare molte cose. Ma il carro, come s’intende, nella sua veste più semplice è un piano su ruote: la roba tende pericolosamente a rovinare a terra. Servono le sponde.
La soluzione più spiccia è ricorrere a una forma arcinota e domestica da fissare ai lati del piano del carro (ecco la via laterale), un bel bastone lungo e robusto. Il nome del bastone-sponda finisce per diventare il nome di questo genere di carro da trasporto.

Passano i millenni, ed ecco che i furgoni hanno conquistato motore e pneumatici, e si sono in larga parte corazzati e chiusi. Ma quelli aperti sono ovviamente ancora dotati di sponde, che silenziosamente custodiscono, trasfigurato, il segreto del nome della vettura.
Peraltro un nome, per quanto umile, unico, perché è l’unico che con determinazione e precisione continui a riferirsi a questo genere di veicolo. Autocarri e camion, come anticipavo, sono grandi; i cellulari se li è mangiati la telefonia, restano forse solo per la traduzione di persone private della libertà; ci sarebbero ancora i van, che però hanno vezzosamente acquisito anche un profilo da auto per la vita nomade.

Dal frugare del furto l’attizzatoio del fuoco, dall’attizzatoio del fuoco alla sponda del carro, dalla sponda del carro al carro per le merci e all’auto che lo continua. Che meraviglia schietta!

Parola pubblicata il 02 Agosto 2025