Ikebana

Parole giapponesi

Significato Arte giapponese che consiste nella disposizione di fiori ed altri elementi vegetali a fini decorativi e religiosi

Etimologia voce giapponese che significa “disporre fiori”, composto da ike lasciare in vita e bana fiore - quindi più propriamente significa “fiori viventi”. In kanji è scritta “生け花”.

Ikebana è un po’ simile a bonsai perché è un’arte che riguarda la pianta. Ma non sono uguali. E poi, da “floral design” occidentale, è assolutamente diverso.

È un’arte tradizionale giapponese: si dispongono i fiori sul vaso esprimendo il proprio animo. Chi guarda l’arte apprezza la bellezza e ama la preziosità della composizione.

Ikebana deriva dal buddismo: portare fiori all’altare è una pratica buddista. In documenti dell’epoca Heian (dall’794 all’1191) si può già leggere dell’amore della gente nobile per le composizioni di fiori sul vaso; nell’ultimo terzo dell’Epoca Edo (dal 1603 al 1867), si diffuse anche nel popolo.

Ma quale è la differenza tra floral design e ikebana? Nel floral design si guardano solo i fiori mentre nell’ikebana si ammirano anche rami, tronchi, foglie, muschi, vaso, e così via, cioè tutta l’opera. Questa è una grande differenza. E la differenza tra bonsai e ikebana? bonsai è composto solo da albero e muschio mentre nell’ikebana si devono usare dei fiori.

C’è un proverbio: “fiore è l’animo umano”. Quando si dispongono dei fiori si cerca una sensazione, oppure l’espressione di una bellezza ideale. E quando si guardano le opere di ikebana, si deve essere educati. Prima di vedere, si fa un inchino all’opera. E dopo di vedere, si saluta chi l’ha fatta. Nell’ikebana, si rispettano le regole della buona creanza.

L’ikebana è un’arte tradotta da pochi decenni in Italia, che non appartiene alla nostra tradizione ma di cui si sente spesso parlare quando si è in argomento di composizioni floreali, e che propone dei nuovi occhi. Infatti l’ikebana ricerca una bellezza essenziale molto diversa dalla nostra solita concezione di bellezza in quest’ambito: il grasso e costosissimo fascio di centouno rose rosse a gambo lungo - prototipo del bel mazzo di fiori -, dal punto di vista dell’ikebana è sciatto, rumoroso ed esagerato. Non c’è una speciale cura simbolica, nella composizione, tenta di darsi valore con le dimensioni, né quella specifica composizione suscita sentimenti speciali: quando si alza la cornetta e si chiama il fiorista chiedendo delle rose rosse (“Ne vorrei dieci” “Si regalano sempre in numero dispari” “Ne vorrei nove”) non si cerca di dar forma di fiore ad un sentimento unico che si prova: si ha solo più o meno presente l’adagio stereotipato del “rose rosse vuol dire passione”. Così come chi non suona o non dipinge non può avere idea di che cosa significa esprimersi suonando o dipingendo, forse noi profani possiamo solo intuire che cosa significhi significare con precisione un’idea alta o un profondo sentimento unendo insieme rami, foglie e fiori.

Dall’idea di attenzione, di cura e di comunicazione profonda che è veicolata da quest’arte si possono trarre forti analogie: un biglietto d’auguri di poche parole potrà avere in sé una grazia da ikebana; una merenda servita con premura su un vassoio potrà trasmettere la serenità e il calore di una composizione ikebana; e l’amorevole azione ordinatrice di una madre o di una moglie trasformerà l’armadio in un ikebana di abiti e camicie.

Parola pubblicata il 31 Ottobre 2013

Parole giapponesi - con Haruki Ishida

Insieme ad Haruki Ishida, dottore in Lingua e Letteratura italiana dell'Università di Kyoto, affrontiamo alcune parole giapponesi che sono diventate consuete anche agli Italiani, cercandone l'origine.