Latore

la-tó-re

Significato Chi adempie all’incarico di portare o recapitare qualcosa a qualcuno, specie messaggi

Etimologia voce dotta recuperata dal latino lator ‘proponente’, propriamente ‘portatore’, derivato del participio passato latus di ferre ‘portare’.

  • «Sono latore di un grande dono.»

Come ci sembra alta, questa parola! Una persona latrice di un messaggio di fratellanza, l’artista latore di una visione ottimistica, un evento latore di presagi cupi: latore è chi porta, in particolare chi porta un annuncio, e c’è solennità, grazia, fermezza, carisma, perfino autorità. A guardar bene assomiglia molto al foriero, anche come registro d’uso, ma non possiede un tratto troppo marcato di precedenza. Il foriero (lo ricordiamo? è il messo mandato avanti a cercare il foraggio) annuncia un arrivo perché lo precede, mentre il latore è più strettamente un messaggero.

A vedere com’era usata questa parola ai tempi, dal Trecento in poi, ci sorprende che il latore sia letteralmente un postino, un portalettere, una persona materialmente incaricata di consegnare messaggi scritti e a voce. Questo dato piano è in grado di catapultarci in una realtà parallela così distante! Perché proprio nei nostri qui, centri storici, vie antiche, si avvicendavano persone con messaggi per questa e quell’altra, e la complessità di voci, sguardi, resoconti, incontri, contribuiva a un tessuto sociale a maglie finissime. Mentre oggi abbiamo un’autonomia istantanea, infallibile e smagliata.

Questo nome però in latino aveva preso tutta un’altra strada. È vero che lator è un derivato di latus, participio passato di ferre ‘portare’ (un verbo fondamentale e anomalo, con una coniugazione irregolarissima, frutto di una composizione di radici diverse che hanno trovato una simbiosi linguistica — il paradigma che squaderna la coniugazione è fero, fers, tuli, latum, ferre). Però il lator non era il messaggero: era il proponente, il promotore di una legge. Questo carattere si vede meglio nel legislatore, promulgatore delle leggi, ma alla lettera legis lator, chi propone, promuove una legge — e quindi, sempre con una certa antica concretezza, un legislatore come lo intendiamo noi ma anche un giureconsulto, un votante.

Il recupero medievale perde le sottigliezze antiche e recupera il senso letterale del termine lator (con una mossa da studente di latino al primo anno, ma si sa che anche la conoscenza del latino si corrompe, nel medioevo). Il latore, in italiano, diventa il portatore, e quindi chi consegna messaggi (ma con un gusto forse un po’ rétro anche pacchi). Così entrando e togliendosi il cappello il collega ci dice di essere latore della nuova offerta del grosso cliente, il corriere è latore del nostro nuovo fondamentale coso preso a sconto, in giardino ci raggiunge la bambina latrice di un’importante notizia («È pronto in tavola»), e l’amica è latrice di un bigliettino per noi, gasp, della ragazza che ci piace.

Poi questo tratto di messaggero prende anche contorni più figurati — sempre, nella nostra esperienza del mondo, riconosciamo messaggi e messaggeri. Così il romanzo ci sembra latore di un’altra prospettiva sul mondo, prima distante e incontemplata; un mazzo di fiori legato a un palo per strada è latore di un’ammonizione, e la nonna, con le sue osservazioni laconiche, ci pare ogni volta latrice di speranza.

Non è una parola stretta. Chi porta il messaggio non porta solo il messaggio: porta il futuro che è implicato da quel messaggio. Per questo gli annunci del latore riescono ad avere un tale respiro. Le notizie sono aperture sul mondo che è e sarà, e il latore porta queste aperture. Una parola che ha un grado di ricercatezza piacevolissimo, di una preziosità essenziale e pronta, che davvero si fa notare.

Parola pubblicata il 19 Luglio 2023