Oca
Parole bestiali
ò-ca
Significato Nome comune di diverse specie appartenenti alla famiglia degli Anatidi, la maggior parte delle quali comprese nella sottofamiglia Anserinae
Etimologia dal latino tardo aucam, derivato di avis, uccello.
- «Non ho idea di dove siamo, è l'ennesimo giro dell'oca.»
Parola pubblicata il 16 Gennaio 2023
Parole bestiali - con Lucia e Andrea Masetti
Un lunedì su due, un viaggio nell'arcipelago dei nomi degli animali, in quello che significano per noi, nel modo in cui abitano la nostra vita e la nostra immaginazione.
Non è un caso che il suo nome venga da avis: l’oca è l’uccello per eccellenza, il primissimo a essere mai stato addomesticato, circa 7000 anni fa (ben due millenni prima delle galline). Da allora è sempre stata una parte importante della vita umana, a partire dalla cucina. Ne porta ancora traccia la parola “fegato”, che curiosamente nasce da “fico”; in origine infatti questo termine era un tecnicismo culinario (ficatum), che descriveva il fegato d’oca ingrassata con fichi.
Questo però non è l’unico campo in cui le oche si sono distinte. La penna che tutti abbiamo sulla scrivania altro non è che l’erede delle penne d’oca comunemente usate nel Medioevo, e i piumini sotto cui molti di noi dormono sono stati per secoli riempiti con piume d’oca.
Questi uccelli poi sono anche efficacissime guardie, giacché alla minima anomalia si lanciano in assordanti starnazzi e, all’occorrenza, attaccano. Leggendario è l’episodio delle oche del Campidoglio, che avvertirono i Romani dell’attacco dei Galli nel 390 a.C. Più di recente, nel 1986, le truppe americane hanno dispiegato ben 900 oche nelle loro basi militari in Germania Ovest, mentre la città cinese di Chongzuo ne ha utilizzate 500 per pattugliare i confini col Vietnam durante l’epidemia di COVID-19.
Non stupisce dunque che l’oca si sia impressa con tale profondità nel nostro immaginario da sbucar fuori nei contesti più strani. Quando proviamo freddo, paura o ribrezzo, per esempio, rizziamo quel che rimane della nostra pelliccia e questo crea il fenomeno detto “pelle d’oca” per la somiglianza con l’aspetto di un’oca spennata. Anche la ghisa prende forse il nome dalle oche (in tedesco gose), perché ai primi fonditori i pezzi di ferro fuso ricordarono appunto la forma di questi volatili. Lo stesso accadde agli inventori di un ormai raro strumento musicale, l’ocarina.
L’oca ha dato anche il nome (impropriamente) a una celebrità Disney: Paperino. Infatti “papero” indica tecnicamente il giovane maschio dell’oca, sebbene Paperino sia senza dubbio un’anatra. Va detto che “Anatrino” suona proprio male, e poi una vaga parentela con le oche c’è. Infatti, secondo l’albero genealogico disegnato da Don Rosa nel 1993, ben due cugini di Paperino – Ciccio e Gastone – sono degli ibridi anatra-oca, anche se nella realtà questo connubio è più unico che raro.
Nonostante tutto, però, l’oca continua a essere un proverbiale esempio di stupidità; infatti “sono andato in oca” è sinonimo di “sono andato in confusione”. Anche il gioco dell’oca – da cui deriva l’espressione “giro dell’oca” nel significato di “percorso inutilmente tortuoso” – sembra confermare lo stereotipo.
Eppure, nella versione tradizionale, se una pedina finisce sull’immagine di un’oca può avanzare del doppio delle caselle. Dunque in questo gioco implicitamente simbolico, immagine della vita con i suoi continui imprevisti, l’oca svolge una funzione protettiva. A tal proposito una teoria sostiene che il gioco dell’oca nasca a imitazione del Cammino di Santiago, lungo il quale la migrazione delle oche aiutava i pellegrini a seguire la direzione giusta. Del resto già per i Celti le oche selvatiche erano guide inviate dagli dei e, con l’avvento del cristianesimo, diventarono anche simbolo dello Spirito Santo al posto della più nota colomba.
In effetti le oche selvatiche sono capaci di imprese miracolose. Quelle canadesi memorizzano rotte di migrazione lunghe 5000 km, mentre quelle indiane riescono a sorvolare l’Himalaya toccando altitudini di 7300 metri. Dei tour operator inimitabili!