Pinguino

Parole bestiali

pin-guì-no

Significato Nome comune degli uccelli appartenenti alla famiglia degli sfeniscidi, di cui il pinguino imperatore è la specie più nota

Etimologia forse dal bretone pennguenn, letteralmente “testa bianca”, attraverso la mediazione dell’inglese e poi del francese.

  • «La festa è piena di pinguini.»

Se prendiamo per buona l’etimologia avanzata dal Nocentini, due bizzarre conclusioni si impongono. Primo: siccome i pinguini abitano solo in Antartide e in Oceania, dovremmo supporre che questi continenti siano stati scoperti dagli antichi abitanti della Bretagna. Secondo: i bretoni in questione dovevano aver bevuto parecchio, perché la testa del pinguino non è affatto bianca.

In realtà i bretoni non meritano né questa lode né questo biasimo, perché coi pinguini non c’entrano nulla. La parola pennguenn indicava in origine un altro uccello, l’alca, molto simile al pinguino salvo per la collocazione geografica e per delle macchie bianche sulla testa. Oggi l’alca è estinta, e il suo nome rimasto orfano è stato appunto adottato dal pinguino.

Ma i pinguini, poi, che lingua parleranno? La risposta, secondo un’autorevole fonte, è il “pinguinese”, con vaghi influssi di dialetto lombardo. Questa, perlomeno, è la lingua di Pingu, protagonista di un cartone svizzero degli anni ’90, rimasto iconico per due motivi: la tecnica di realizzazione (claymation, ossia la plastilina in stop-motion) e l’espressivo grammelot parlato dai protagonisti.

Il suo inventore era appunto un milanese, Carlo Bonomi, capace di produrre un fenomenale flusso di suoni non-sense, anche attingendo al proprio retroterra dialettale. Ciò ha reso ogni doppiaggio superfluo, facilitando il successo del cartone dagli Stati Uniti all’Australia (passando per il Giappone, dove è nato un remake in formato anime).

In effetti sembra che ogni prodotto connesso ai pinguini si sia rivelato un successone commerciale. Chiunque abbia studiato inglese ha avuto tra le mani un libro della Penguin, nata nel 1934 con l’intento di diffondere testi di valore in un formato economico. Il nome nacque su ispirazione di un’altra casa editrice, la Albatross Library, e Edward Young disegnò l’ormai storico logo dopo un pomeriggio passato allo zoo, in contemplazione dei pinguini.

Abbastanza nota è anche la band bergamasca Pinguini tattici nucleari, che ha preso il nome da una birra scozzese. Inoltre in Italia il pinguino è diventato pressoché sinonimo di condizionatore portatile: fu De Longhi a dargli questo nome quando, nel 1986, commercializzò il primo condizionatore veramente efficiente, conquistando il mercato in un baleno.

Tuttavia già negli anni ’40 il pinguino era sulla bocca di tutti gli italiani: si trattava del primo gelato su stecco della storia, prodotto dalla Gelateria Pepino di Torino e battezzato “pinguino” per via dei suoi colori (il bianco del fiordilatte e il nero del cioccolato). Per inciso, un ingrediente essenziale del pinguino è l’olio di cocco, che negli anni dell’autarchia fascista divenne difficilissimo da reperire. Alla gelateria però bastò inviare una cassa dei suoi deliziosi gelati al direttore della Confederazione Fascista degli Agricoltori, e i problemi di importazione sparirono.

A cosa si deve dunque quest’enorme popolarità del pinguino? Con ogni probabilità al suo mix inimitabile di eleganza e ridicolaggine. I suoi colori sono gli stessi dello smoking (perciò chiunque lo indossi può essere soprannominato per scherzo “pinguino”), combinati però con un’andatura oscillante e un corpo cicciotto che lo rendono irresistibilmente simpatico.

Eppure sono anche una geniale mossa evolutiva. Le zampe corte infatti minimizzano le perdite di calore, e il grasso è essenziale per sopravvivere al freddo e al lungo periodo di digiuno che accompagna la cova. Per questo l’ideale di bellezza di un pinguino è esattamente opposto al nostro: essere il più grasso possibile.

Parola pubblicata il 07 Agosto 2023

Parole bestiali - con Lucia e Andrea Masetti

Un lunedì su due, un viaggio nell'arcipelago dei nomi degli animali, in quello che significano per noi, nel modo in cui abitano la nostra vita e la nostra immaginazione.