Polittoto

po-lit-tò-to

Significato Figura retorica per cui una parola è usata più volte in funzioni diverse a breve distanza

Etimologia voce dotta recuperata dal latino tardo polyptòton, dal greco polýptotos ‘di molti casi’, composto di poly- ‘poli-, molti’ e ptotós, propriamente ‘che è caduto’, da píptein ‘cadere’.

  • «So che lo sai.» «E sai anche usare un polittòto, vedo.»

«Evita le ripetizioni» è una regola tradizionale che ha un suo buon senso, ma come tante regole tradizionali vieta l’ingresso a una terra che — pur con qualche insidia — è molto promettente.

Infatti le ripetizioni possono suonare male, possono essere pigre, e lasciare i concetti del discorso chiusi e generici, avvitati sulle stesse parole. D’altro canto hanno la schiettezza della precisione: non si leggono mai tante ripetizioni quanto nelle pagine scientifiche e filosofiche, dove l’esattezza dei termini è questione che non può essere approssimata — se serve proprio una parola, quella va usata, anche se si ripete. E in effetti le ripetizioni possono anche suonare bene, benissimo, e avere degli effetti retorici dirompenti.

Le ripetizioni retoriche non sono mai casuali o prive di contorno: hanno funzioni ritmiche, sovvertono concetti e pensieri, agganciano insieme frasi con messe a fuoco sapienti. È più facile accontentarsi di un «No ripetizioni» piuttosto che avventurarsi nella giungla in cui le ripetizioni sono incisive e avvincenti.

Prendiamo a esempio l’inversione dell’antimetabole (penso quello che dico e dico quello che penso), le ripetizioni iniziali delle anafore (a te va il mio pensiero, a te che mi ami tanto, a te che non sei qui), quelle finale delle epifore (nei suoi occhi c’era il mare, nelle sue orecchie il mare, nel suo naso e sulla sua lingua, il mare).
Pensiamo ai raddoppi dell’epanalessi (non ho capito chi fosse, chissà, chissà...), alla ripresa insistente dell’analessi (stavo pensando a questa cosa, e questa cosa me ne ha fatta venire in mente un’altra), fino alla ripetizione in apertura della chiusura precedente dell’anadiplosi (meraviglie della retorica, della retorica che è facile e difficile insieme).

Nomi astrusi, figure semplici che punteggiano i nostri discorsi più normali e buttati lì, così come quelli più alti e limati con arte. Vediamo il polittòto (o poliptòto se ci piace una maggiore aderenza al greco), un altro caso di ripetizione che crea un gioco di echi, di rimbalzi che slanciano una parola e il suo concetto.

Si tratta della ripresa di una parola all’interno di una frase o di uno scambio, di volta in volta con una funzione differente — non di rado con cambi morfologici. In altri termini, è ripresa con qualche variazione.
Il significato etimologico (polýptotos vale ‘di molti casi’) è un riferimento alla declinazione in ‘casi’ dei termini a seconda della loro funzione grammaticale, tipica di greco e latino, che faceva sì che la stessa parola, con funzioni diverse, avesse diverse terminazioni. Facciamo qualche esempio dei giorni nostri?

Accusata, negò — ma poi negò di aver negato, quando le responsabilità furono evidenti; se dopo un periodo cupo ci scopriamo felici, siamo anche felici d’essere felici; e amo le persone che amano i romanzi gialli.
Se invece di dire ‘negare di aver negato’ dico ‘ritrattare’, il risultato è più didascalico, manca di marcare la specularità dell’azione; ‘essere felice di essere felice’ gioca sulla sfumatura di questa felicità fraseologica (per cui ‘sono felice di essere qui’ non significa tanto una situazione completa di felicità), e rende più vasto, profondo e risonante il significato di felicità che comunichiamo — in una dinamica che trovo anche quando dico che sono stanco d’essere stanco. E l’espressione ‘mi piacciono le persone che amano i gialli’ o ‘amo le persone a cui piacciono i gialli’ sarebbe una nozione insipida: è l’eco a fare il gioco, ‘amo le persone che amano i gialli’.

Inoltre, è particolarmente comune il polittoto giocato sui tempi verbali, che ha l’effetto di una particolare fermezza che attraversa passato presente e futuro: ero, sono e sempre sarò a favore di questa soluzione; è una responsabilità che mi sono preso e che mi prendo pubblicamente.

Affine al polittoto è anche la cosiddetta figura etimologica: la variabilità investe non solo quella della coniugazione delle declinazioni e concordanze della singola parola, ma tutta la sua famiglia etimologica. Se racconto degli incontri silvestri fatti nella selva, se invito ogni studente a studiare in tranquillità, o se leggo nella storia di come il traditore sia stato tradito, vi sto ricorrendo.

L’ennesima figura retorica dal nome complesso — tanto che difficilmente lo ricorderemo, anche perché non dà grandi appigli. Insieme, l’ennesima figura retorica che pervade il nostro modo di parlare e di pensare: una mossa comune che ci fa giocare con specchi e labirinti.

Parola pubblicata il 08 Novembre 2022