Sorvegliato

sor-ve-glià-to

Significato Controllato, sottoposto a vigilanza; accurato e sobrio

Etimologia propriamente participio passato di sorvegliare, modellato sul francese surveiller, derivato di vegliare, che è dal latino vigilare, da vigil ‘sveglio’, con prefisso sor- ‘sopra’.

  • «Si distingue sempre per lo stile sorvegliato.»

È una parola molto semplice, se è colta nei suoi significati concreti. Ma il passaggio figurato (se è figurato, in effetti) la rende squisita.

Come spesso accade con le parole che sfoggiano il prefisso sor-, siamo davanti a una parola modellata su un’omologa francese, surveiller — il ‘sor-’ è un ‘sopra’, e la base è il ‘vegliare’, un esito popolare del latino vigilare, da vigil ‘sveglio’. Questo ‘vegliare sopra’ ci dà l’impressione di un’attenzione altissima e costante, un vero controllo — tant’è che prende una dimensione di esercizio della sicurezza.

Ora, il sorvegliato è innanzitutto il participio passato del sorvegliare, ma ha anche una vita autonoma di aggettivo, e perfino di sostantivo. Pensiamo ad esempio al gruppo di partecipanti al concorso, sempre sorvegliato durante la prova, pensiamo alla persona che si sente sorvegliata e che limita i suoi comportamenti per non destare sospetti, pensiamo al quasi proverbiale sorvegliato speciale — autentico criminale che richiede una custodia sempre all’erta, o birba da cui ci si aspetta ogni momento un nuovo malestro.

Ma stringiamo sull’aggettivo. Il sorvegliato, con questo profilo di sottoposto ad Argo — guardiano dai cent’occhi che non dorme mai — declina il suo freno, il controllo che subisce, in ciò che è accurato e sobrio nella forma, nello stile, nei dettagli.
Lo stile sorvegliato di un tema colpisce l’insegnante che lo legge; quando gli animi si stanno incendiando, possono essere acquietati con parole sorvegliate; il romanzo, per l’eleganza della struttura, l’equilibrio e la preparazione dei colpi di scena, si dimostra estremamente sorvegliato.

Quest’uso è particolarmente gagliardo per ciò che adombra a contrario. Da un lato, intende, abbiamo di base una lingua tutta guizzi bracaloni, e roba fatta con spontaneità scomposta — insomma balliamo come se nessuno ci guardasse; dall’altro possiamo scatenare alcune forze specifiche del verbo e dell’arte mettendoci al centro di un panottico inflessibile, che controlla ogni particolare. Un uso intelligente, che ci fa toccare quanto anche le qualità più virtuose possano essere fuori luogo: una lettera d’amore sorvegliata, un comizio politico sorvegliato, un intervento sorvegliato come testimone di nozze trasmettono la sensazione di una reticenza, di un calcolo, di una paura là dove forse si vorrebbe solo sentire il desiderio, la passione, lo scatenato.

Parola pubblicata il 27 Marzo 2025