Tacchino

Parole bestiali

tac-chì-no

Significato Nome comune del genere Meleagris, che comprende due specie: il tacchino selvatico e il tacchino ocellato

Etimologia diminutivo del toscano tacco, di origine onomatopeica (tac-tac).

  • «Si è gonfiato come un tacchino.»

Insieme all’aquila di mare il tacchino è l’uccello americano per eccellenza, immancabile protagonista dei banchetti di Natale e del giorno del ringraziamento. Un ringraziamento che andrebbe tributato, innanzitutto, ai nativi americani; i tacchini infatti furono tra i doni che i locali offrirono pietosamente ai padri pellegrini, i quali lasciati a sé stessi sarebbero riusciti a estinguersi in un paio di inverni.

Non per nulla to talk turkey (“parlare tacchino”) significa “venire al sodo”, dato che il tacchino è la portata principale del pasto. Più curiosa è un’altra espressione americana: interrompere un’abitudine di botto si dice to go cold turkey (“andare tacchino freddo”), ma nessuno sa bene perché.

Forse, siccome in origine era riferita alla dipendenza da alcool e droga, allude agli effetti collaterali che si riscontrano quando si smette bruscamente di farne uso: pallore e pelle d’oca, che ricordano appunto l’aspetto di un tacchino spennato.

D’altra parte se qualcosa è un turkey, per esempio un film, significa che è un fallimento, un flop; mentre se una persona è definita così è un perdente, una schiappa. È opinione comune, infatti, che questi uccelli non brillino per intelligenza.

Da qui anche la metafora del “tacchino induttivista”, coniata da Bertrand Russell e ripresa da Popper: un tacchino osserva che ogni giorno gli portano da mangiare alle 9 e trae la conclusione che sarà sempre così; perciò il Natale lo coglie impreparato. Fuor di metafora, una teoria scientifica non è mai certa perché, per quante conferme riceva, può sempre giungere il giorno in cui verrà smentita.

Per inciso, il tacchino non fa una grande figura neppure nei modi di dire italiani. “Gonfiarsi come un tacchino” descrive una vanità palese, ma più ingenua e ruspante rispetto a quella del pavone. In alternativa si può diventare “rossi come un tacchino”, giacché quest’animale ha la spiccata capacità di cambiare colore in base all’umore (motivo per cui in persiano è detto buchalamun, ossia camaleonte).

Tuttavia, se guardiamo al suo nome, il buffo e ordinario tacchino si ammanta del più fitto mistero. Anzitutto perché questo americanissimo uccello si chiama turkey, ossia Turchia? Dal canto loro i turchi lo chiamano hindi, cioè “indiano”, così come i francesi (dinde); e anche in nord Italia dindo è un sinonimo di tacchino. Probabilmente le Indie in questione sono quelle occidentali, ossia le Americhe; ma c’è qualcuno che ha creduto si parlasse dell’India vera, dato che in olandese il tacchino è detto kalkoen, ossia “gallina (hen) di Calicut”. Per i portoghesi, infine, il tacchino è peru, ossia originario del Perù.

Insomma, da dove diavolo arriva il tacchino? Dall’unico posto, in realtà, che nessuno nomina: il Messico. Gli indios li allevavano da secoli e gli spagnoli importarono quest’arte nella propria patria. Là li scoprirono i turchi, che li fecero conoscere a tutta Europa; perciò gli inglesi li chiamarono turkeys.

C’è anche la possibilità, tuttavia, che il nome turkey sia comparso in Europa prima del tacchino. Forse il nome era attribuito ad altri uccelli esotici commercializzati dai turchi e, quando il tacchino sbucò sulla scena, per errore o per mancanza d’inventiva il nome passò a lui.

Comunque sia, in ultimo gli europei riportarono i tacchini in America, stavolta al nord, dove esistevano già ma in varietà differenti; gli incroci tra tacchini locali e quelli messican-europei diedero origine ai tacchini odierni. Un vero giro dell’oca.

Parola pubblicata il 02 Ottobre 2023

Parole bestiali - con Lucia e Andrea Masetti

Un lunedì su due, un viaggio nell'arcipelago dei nomi degli animali, in quello che significano per noi, nel modo in cui abitano la nostra vita e la nostra immaginazione.