SignificatoOstentatamente sontuoso, abbondante, fino al grottesco, detto in particolare di pranzi, banchetti e simili
Etimologia dal nome di Trimalcione, personaggio del ‘Satyricon’ di Petronio, scrittore latino del I secolo d.C.
Il sontuoso e l’abbondante, specie riferiti a ricevimenti, a pranzi, a banchetti, sono qualità che amano essere raccontate con parole grandi, iperboliche, ricercate — con riferimenti ricchi anche dal punto di vista storico e letterario. Una naturale consonanza fra il significato opulento, perfino spettacolare, e il modo scelto per disegnarlo nella mente altrui.
Abbiamo il gargantuesco e il pantagruelico che si riferiscono ai giganti Gargantua e Pantagruel di Rabelais; abbiamo naturalmente il luculliano, che è abbondante ma raffinato, che si riferisce al romano Lucio Licinio Lucullo, che fu ospitesquisito, oltre che celebre generale; ma abbiamo anche il trimalcionico.
Il trimalcionico ci porta a confrontarci (di nuovo! ricordate il versipelle e lo sparpagliare?) con una delle più grandi opere latine del I secolo d.C.: il Satyricon di Petronio, che purtroppo non ci è arrivato completo. L’episodio più ampio e importante di quel che resta di questo romanzo (e forse lo sarebbe stato anche se ci fosse arrivato intero) è la famosa cena di Trimalcione.
Trimalcione è un personaggio inventato, ma inventato in maniera circostanziata: uno schiavo d’Asia, dei cui trascorsi precedenti non si sa praticamente nulla, che trova il modo di distinguersi presso il suo padrone romano, ricchissimo e vecchio, fino a farsi non solo liberare (è appunto un liberto, uno schiavo liberato) ma intestare metà dell’eredità. Grazie a doti indubbie e a una determinazione ostinata, Trimalcione riesce a far fruttare per terra e per mare questo patrimonio fino a una consistenza spaventosa (nel Satyricon si parla di 30 milioni di sesterzi, che a cazzotto — per un’idea tutt’altro che affidabile — potremmo immaginare nell’ordine dei 60 milioni di euro di oggi). Ciò nondimeno, resta una persona che non ha la minima idea della raffinatezza e del buongusto, e ha una cultura scarsissima e pretenziosa.
La cena di Trimalcione è un banchetto di proporzioni elefantiache a cui si trovano a partecipare i protagonisti del libro, in cui regna un caos spettacolare malamente diretto da Trimalcione stesso: opulenza provinciale, vivande acconciate in maniera fantasmagorica, liti, intermezzi artistici dei più disorientanti, racconti che da un iniziale stupore rapito conducono a un crescente disgusto — che culmina nella finzione grottesca del funerale di Trimalcione, il quale può così bearsi dell’amore recitato dei suoi ospiti-spettatori. Un pezzo di letteratura che ha duemila anni e non li sente.
Il trimalcionico trascolora dal complimento e dalla qualità positiva del sontuoso in un’esagerazione di ricchezza, che vuole impressionare e lo fa in maniera grossolana e disfunzionale: nel trimalcionico l’ostentato si accompagna al grottesco, sfiorando l’onirico. E così possiamo parlare del ricevimento di matrimonio trimalcionico, in cui si getta la spugna a metà dei primi, della festa trimalcionica data dal vicino di casa che si conclude con fuochi d’artificio che finiscono sparati nelle siepi, delle scene trimalcioniche che vediamo alla buvette del teatro dell’opera.
Una parola ricercata, che attinge a una vicenda letteraria famosa (ancorché non pop) aprendoci significati riconoscibili e forti. Peraltro, per avere un’idea più forte dell’atmosfera della cena di Trimalcione, basterebbe vedere il Satyricon di Fellini.
Il sontuoso e l’abbondante, specie riferiti a ricevimenti, a pranzi, a banchetti, sono qualità che amano essere raccontate con parole grandi, iperboliche, ricercate — con riferimenti ricchi anche dal punto di vista storico e letterario. Una naturale consonanza fra il significato opulento, perfino spettacolare, e il modo scelto per disegnarlo nella mente altrui.
Abbiamo il gargantuesco e il pantagruelico che si riferiscono ai giganti Gargantua e Pantagruel di Rabelais; abbiamo naturalmente il luculliano, che è abbondante ma raffinato, che si riferisce al romano Lucio Licinio Lucullo, che fu ospite squisito, oltre che celebre generale; ma abbiamo anche il trimalcionico.
Il trimalcionico ci porta a confrontarci (di nuovo! ricordate il versipelle e lo sparpagliare?) con una delle più grandi opere latine del I secolo d.C.: il Satyricon di Petronio, che purtroppo non ci è arrivato completo. L’episodio più ampio e importante di quel che resta di questo romanzo (e forse lo sarebbe stato anche se ci fosse arrivato intero) è la famosa cena di Trimalcione.
Trimalcione è un personaggio inventato, ma inventato in maniera circostanziata: uno schiavo d’Asia, dei cui trascorsi precedenti non si sa praticamente nulla, che trova il modo di distinguersi presso il suo padrone romano, ricchissimo e vecchio, fino a farsi non solo liberare (è appunto un liberto, uno schiavo liberato) ma intestare metà dell’eredità. Grazie a doti indubbie e a una determinazione ostinata, Trimalcione riesce a far fruttare per terra e per mare questo patrimonio fino a una consistenza spaventosa (nel Satyricon si parla di 30 milioni di sesterzi, che a cazzotto — per un’idea tutt’altro che affidabile — potremmo immaginare nell’ordine dei 60 milioni di euro di oggi). Ciò nondimeno, resta una persona che non ha la minima idea della raffinatezza e del buongusto, e ha una cultura scarsissima e pretenziosa.
La cena di Trimalcione è un banchetto di proporzioni elefantiache a cui si trovano a partecipare i protagonisti del libro, in cui regna un caos spettacolare malamente diretto da Trimalcione stesso: opulenza provinciale, vivande acconciate in maniera fantasmagorica, liti, intermezzi artistici dei più disorientanti, racconti che da un iniziale stupore rapito conducono a un crescente disgusto — che culmina nella finzione grottesca del funerale di Trimalcione, il quale può così bearsi dell’amore recitato dei suoi ospiti-spettatori. Un pezzo di letteratura che ha duemila anni e non li sente.
Il trimalcionico trascolora dal complimento e dalla qualità positiva del sontuoso in un’esagerazione di ricchezza, che vuole impressionare e lo fa in maniera grossolana e disfunzionale: nel trimalcionico l’ostentato si accompagna al grottesco, sfiorando l’onirico. E così possiamo parlare del ricevimento di matrimonio trimalcionico, in cui si getta la spugna a metà dei primi, della festa trimalcionica data dal vicino di casa che si conclude con fuochi d’artificio che finiscono sparati nelle siepi, delle scene trimalcioniche che vediamo alla buvette del teatro dell’opera.
Una parola ricercata, che attinge a una vicenda letteraria famosa (ancorché non pop) aprendoci significati riconoscibili e forti. Peraltro, per avere un’idea più forte dell’atmosfera della cena di Trimalcione, basterebbe vedere il Satyricon di Fellini.