Assurdo

Ignazio Silone, le parole

as-sùr-do

Significato Contrario alla ragione, al senso comune; paradossale, stravagante; eccessivo

Etimologia voce dotta recuperata dal latino absurdus ‘stonato, dissonante’.

  • «Non ci crederai mai, è successa una cosa assurda.»

È una parola che corre nei nostri discorsi con una gran fretta, tanto che di rado ci degniamo anche solo di notarla. E però in tutta questa normalità si nasconde un passaggio di significato che non solo ha un grande magnetismo, ma che ne spiega uno dei caratteri più forti.

Se diciamo che l’assurdo è l’illogico, il contrario alla ragione, lo stiamo raffreddando parecchio. L’assurdo arriva a una dimensione intellettuale, ma ha una sostanza percettiva.

Non serve un ragionamento per cogliere l’assurdo, l’assurdo si sente — e in origine lo si sente letteralmente. L’absurdus latino è il dissonante, lo stonato. La sua costruzione resta un po’ enigmatica, abbiamo un prefisso ab- che di solito indica allontanamento mentre qui forse ha un valore rafforzativo, e una radice forse onomatopeica, forse indoeuropea, che trova connessione col sordo e col sussurro. Fatto sta che questa dissonanza tutta sonora già in latino prende la dimensione di qualcosa che per la ragione è immediatamente inaccettabile. Pensiamo ad esempio al ragionamento per assurdo: presupponi vero il contrario di ciò che vuoi dimostrare e arrivi a una conseguenza assurda, che quindi confuta il presupposto.

Da noi poi, questa immediata dissonanza della realtà prende altre pieghe interessanti: una esistenzialista che contempla l’assurdità della vita, ad esempio con il teatro dell’assurdo (stile di Samuel Beckett ed Eugène Ionesco, ad esempio). Una di stravaganza paradossale, come quella del vestirsi in maniera assurda, o del fare dei discorsi assurdi. Una di eccesso, come quella del prezzo assurdo, della bontà assurda.

Una figura di poesia splendida, che fa aggio sull’evidenza di una sensazione per produrre un concetto.


Forse i due si erano scambiati qualche tenera espressione. Può darsi che, dopo un po', la ragazza non vi avesse più pensato. Nel cuore di Luca invece erano rimaste indelebili. Apparentemente, bada, lui non pretendeva nulla da lei. Non fece alcuno scandalo quando lei andò sposa. […] Ma si vedeva che pensava a lei e che non sognava altro. […] Tuo padre, che gli voleva bene, ci si arrabbiava. Vacci a letto, gli diceva, […] così vedrai che è una femmina come le altre, e sarà finita. Ma lui non amava parlarne. […] Non era un angelo e nemmeno un anormale. Insolita era però la sua passione […]. Un amore assurdo.

Il segreto di Luca

Per dirla in modo gentile, tutti i protagonisti di Silone sono matti. Sempre in rivolta contro il senso comune, le convenzioni, le istituzioni… persino, parrebbe, contro il buon senso. Pietro Spina, per esempio, nel Seme sotto la neve viene esortato a “rassegnarsi alla realtà” e, per tutta risposta, chiede: “La realtà? Che diavoleria è?”

C’è della logica, però, in questa follia. Tutti noi abbiamo una certa idea di quello che è “normale”, e magari non sappiamo neppure di averla perché la diamo per scontata. In psicologia le chiamano cornici, o premesse implicite. Decidiamo di dare importanza a certe cose anziché ad altre, tracciamo confini netti, definiamo un copione di comportamenti... e ciò che scegliamo diventa per noi la realtà, l’unica possibile. I personaggi di Silone rompono la cornice.

Prendiamo Luca. I suoi compaesani hanno un quadro molto chiaro di come l’amore dovrebbe funzionare, che in fondo è improntato a una logica di interesse. L’altro è un oggetto da acquisire per il proprio appagamento, tramite schemi codificati: il matrimonio o l’adulterio. Luca sovverte questa premessa. Non accampa nessuna pretesa, non si azzarda neppure a definire il proprio sentimento… per lui il punto non è possedere Ortensia, ma offrirle la propria dedizione. Perciò tutti lasciano che sia condannato per un crimine che non ha commesso, perché così cesserà la tortura di avere sotto gli occhi questo amore non incasellabile.

In realtà per Silone gli esseri umani un po’ assurdi (che lui amava definire anche “non banali”) sono gli unici che valga la pena conoscere, perché sono gli unici a essere umani per davvero: cercano la verità di se stessi e agiscono in accordo con essa, anziché accontentarsi di un falso sé plasmato dalle aspettative altrui.

Spesso nelle pagine di Silone affiora il disagio di chi si è sentito costretto a recitare una parte, fingendo sentimenti e convinzioni che non sentiva. A partire dalle cose più piccole: Faustina, nel Seme, ricorda per esempio la ripulsa per la prima sigaretta e per il primo bacio, nascosta sotto un piacere fittizio perché tale è la reazione che “si dovrebbe” avere.

In questo senso gli umani “non banali” sono i più individualisti di tutti. Ma, appunto per questo, sono anche i meno egoisti. La ricerca di sé infatti si esplica nella tensione verso qualcosa di più grande a cui donarsi, come l’amore per Ortensia nel caso di Luca. Perché è trascendendo se stessa che la vita acquista significato: “si ha solo quello che si dona” (Il vino e il pane).

Parola pubblicata il 10 Aprile 2024

Ignazio Silone, le parole - con Lucia Masetti

Entriamo nell'opera di un autore, grande ma non altrettanto conosciuto, della nostra letteratura del secolo scorso: Ignazio Silone, a cui dedichiamo una settimana di pubblicazioni a tema.