Artificioso
ar-ti-fi-ció-so
Significato Fatto con maestria; non spontaneo, artefatto, insincero
Etimologia voce dotta recuperata dal latino artificiosus ‘fatto a regola d’arte, ingegnoso’, da artifìcium, calco del greco éntekhnos.
- «Alla cerimonia le sue parole sono suonate artificiose.»
Parola pubblicata il 20 Dicembre 2025 • di Giorgio Moretti
Che parola complicata. Non perché presenti particolari difficoltà nell’uso consueto o nella decodifica, ma perché è un groppo di considerazioni e giudizi in piena antitesi. Con pazienza, cerchiamo il bandolo.
Il primo significato con cui l’artificioso compare in italiano è ovviamente il… fatto con maestria, con arte raffinata. La roba artificiosa insomma è gagliardissima: un discorso artificioso è ordinato, esperto, solido negli argomenti e brillante nell’esposizione (mentre uno spontaneo potremmo immaginarcelo come poco più di una sbrodolatura). Un testo artificioso è ravvolto con padronanza in veli sublimi. Una musica artificiosa è di meraviglia fine e ricercata. Dopotutto l’artificiosus latino era fatto a regola d’arte e, se riferito a una persona, ingegnoso.
Suona strano, però, no?
Per noi oggi l’artificioso pende tutto sull’artefatto innaturale, se non proprio malizioso e ingannevole. Investiamo il suo capitale di concetto nel campo della contrapposizione fra naturale (buono) e artificiale (cattivo), campo probabilmente un po’ esausto ma ancora amatissimo — le cui coordinate sono profondamente inscritte nelle nostre categorie e nelle nostre parole.
L’artificioso è meno lezioso del manierato e dell’affettato, più congegnato del mero costruito; in effetti, ha un profilo che lo avvicina al cervellotico, una sfumatura particolarmente complessa dello studiato, dell’innaturale, del forzato. Non per nulla, dicevamo, l’artificioso richiede maestria.
Pensiamo ai gesti artificiosi che il regista chiede di compiere all’attore: non sono solo esagerati, enfatici — sono falsi, falsi e complicati. Pensiamo alle scuse artificiose che ci vengono porte: sono ampollose e tortuose, magari cesellate, ma tutt’altro che schiette. Pensiamo all’affetto artificioso che il parente mostra per i nostri bambini: è sforzato, caricato, sofisticato, non trasmette nemmeno il dubbio dell’autenticità. Ma l’artificioso sa essere anche meno innocuo.
Per l’artificioso è facile mettersi al servizio di intenzioni malevole. Si può sedere molto vicino al capzioso — anche se a petto suo è meno intrinsecamente malizioso. Piuttosto è prossimo al calcolato, che però è più neutro: una risposta calcolata può essere accorta ed efficace impiegando i mezzi della semplicità e della schiettezza; una risposta artificiosa è involta e insincera, traccia un labirinto e francamente spera tu ti ci perda. Se però schieriamo direttamente l’insincero, o addirittura il falso, diciamo di meno, e in maniera più rumorosa: l’artificioso ha un carattere innaturale che si scontra col vero e col sincero, ma lo incardina sull’arte, sul tentativo studiato e volutissimo di un risultato — e dice tutto questo in maniera velata. Non squaderna, non grida al falso e al bugiardo: si limita a bussare sulla superficie, a far sentire come l’artificioso suona fesso, vuoto. E tutta la sua raffinatezza non gli scrolla di dosso un’intima goffaggine.