Candido
La strana coppia
càn-di-do
Significato Di colore bianco e luminoso, lucente; innocente, sincero
Etimologia voce dotta recuperata dal latino candidus ‘bianco splendente’, derivato si candère ‘splendere, brillare’.
Parola pubblicata il 13 Aprile 2021
La strana coppia - con Salvatore Congiu
Parole sorelle, che dalla stessa origine fioriscono in lingue diverse, possono prendere le pieghe di significato più impensate. Con Salvatore Congiu, insegnante e poliglotta, un martedì su due vedremo una di queste strane coppie, in cui la parola italiana si confronterà con la sorella inglese, francese, spagnola o tedesca.
L’abito non fa il monaco, ma può farcelo assomigliare moltissimo. Ne era ben consapevole chi ambiva a farsi eleggere nell’antica Roma, luogo di corruzione politica pari almeno a quella odierna: oltre ad essere colpito dal ben noto, repentino accesso di socievolezza e cordialità, invece dell’attuale giaccaecravatta indossava la toga candida – cioè una toga come le altre, solo molto più bianca, bianco-che-più-bianco-non-si-può. Tale fulgore era ottenuto dai candidati mediante l’applicazione di una specie di appretto a base di gesso; perciò erano detti appunto candidati, cioè ‘imbiancati’: candidatus deriva da candidus ‘bianco splendente’, a sua volta dal verbo candère ‘splendere, brillare’ (da cui anche candela, accendere, incendio e incandescenza). Non a caso, candidi erano definiti anzitutto gli astri, o la neve. Ma un tale concetto, si capisce, esigeva a gran voce un uso metaforico. Ecco quindi che candidus equivale anche a radioso, felice, limpido, onesto. Cosa si può volere di più da un candidato e dalla vita – a parte il noto amaro? Sì, alla fine arriverà anche quello.
In italiano l’uso proprio, non figurato di candido è ancora abbastanza vivo – complice anche la candeggina, con la quale rendiamo candide le lenzuola – a differenza dell’inglese candid, del francese candide e dello spagnolo cándido, ormai usati in senso esclusivamente metaforico seppure, a ben guardare, niente affatto univoco. In inglese, il biancore del candidus ha preso la strada della limpidezza e quindi dell’onestà, della franchezza, dell’assenza di mascheramento della realtà: a candid talk è una conversazione franca, senza peli sulla lingua, così come a candid question è una domanda diretta, esplicita, senza giri di parole. Il candour inglese, insomma, è essenzialmente schiettezza, come appare chiaro anche nella candid camera, che ci restituisce un comportamento genuino, non inficiato dalla consapevolezza di essere filmati (a candid photograph è una foto naturale, spontanea, senza pose).
Ben diverso il significato in francese. Quando il filosofo illuminista Voltaire, allo scopo di farsi beffe dell’ottimismo leibniziano, intitola Candide il romanzo in cui l’eroe eponimo – accompagnato dal precettore insegnante di metafisico-teologo-cosmologo-scemologia Pangloss – cade vittima d’infinite peripezie e disavventure, è perché nel termine francese il candore e la schiettezza del candidus si sono volti in semplicità, ingenuità, che a loro volta trapassano facilmente in credulità e semplicioneria. Lo stesso è avvenuto nello spagnolo cándido e, essenzialmente, anche nella voce italiana, il cui senso prevalente è sì quello di ‘innocente’, ma di un’innocenza che si tinge volentieri di ingenuità – e quest’ultima, non a caso, ha assunto un senso assai poco elogiativo, passando dall’originaria libertà e nobiltà d’animo alla semplicioneria, dall’inclinazione al bene alla dabbenaggine.
È assai significativo il restringimento odierno dell’uso di candido: a parte come attributo di neve, lenzuola e tovaglie, in riferimento alle persone lo adoperiamo ormai quasi solo nella formula confessare candidamente qualcosa, che in realtà sottende spesso incredulità e ironia, se non sarcasmo. Il candore e l’ingenuità li ammettiamo e li consideriamo una virtù solo nei bambini. Più in là, diamo per scontato che la vita debba rendere ognuno callido, incallito dall’esperienza, capace di “non farsi fregare” e magari pronto a fregare per primo (la miglior difesa, come si dice in tutti i bar, è l’attacco). Salvo poi, a furia di furbizia levantina che diffida di tutto e tutti, finire col credere alle cose più stupide del mondo. L’harakiri dell’Illuminismo è servito, monsieur Voltaire.