Domenichino
do-me-ni-chì-no
Significato Servitore assunto per lavorare solo la domenica; persona goffa e cerimoniosa
Etimologia da domenica, col suffisso -ino.
- «Quel domenichino del vicino ha fatto tante cerimonie coi nostri ospiti ma si è fatto scappare diversi spropositi.»
Parola pubblicata il 13 Novembre 2022
Certo è una parola poco usata, che ci parla di un mondo che fu; e però dentro ci possiamo riconoscere dei tratti ideali che perdurano, e capirli meglio.
Siamo davanti a un nome professionale ricavato dal giorno della domenica col suffisso delle professioni che la mente della lingua considera umili, -ino (quello dello spazzino, dell’imbianchino, dell’arrotino e via e via). È un servo assunto non a servizio pieno, ma solo per i giorni festivi; ciò implica che non sia il migliore, a servire — durante la settimana fa altro. Ma a che serve nei giorni festivi?
Sono giorni di socialità. Giorni in cui, si sa, le gentildonne vanno a messa e frequentano situazioni in cui è necessario un accompagnamento protocollare; sono giorni in cui, si sa anche questo, i signori hanno un’agenda più complessa, che può richiedere più aiuto nell’avvicendamento di impegni e incontri. Sono anche giorni pieni di ritualità e di cerimonie, sacre e mondane — perciò questo servitore, oltre ad essere tendenzialmente goffo, è anche incline ad essere cerimonioso nell’assolvimento dei suoi compiti.
Che mondo distante…! O no? Che cosa vuol dire per noi la locuzione aggettivale ‘della domenica’? Non indica forse la persona che si improvvisa in un’attività, che la fa a livello amatoriale, quella che s’improvvisa, inesperta?
Se diamo l’incarico a un fotografo della domenica, potrà profonderci passione ed entusiasmo, ma difficilmente avrà il polso della situazione, l’occhio per anticipare opportunità e difficoltà — anche se sarà affettato e complimentoso. Il contadino della domenica sarà dotato di cappellone di paglia da stampa bucolica, e parlando di luna e differenze varietali decanterà la squisitezza dei quattro pomodori che ha coltivato quest’anno. Il domenichino ci rende un po’ questa prospettiva, questa commistione di alta, contegnosa solerzia e competenza dubbia.
Così la collega domenichina interverrà sul progetto che stanno curando altre persone, facendo osservazioni ora riguardose ora compunte, estemporanee e poco pertinenti; per il viaggio affidiamo l’organizzazione di un paio di trasferimenti all’amico domenichino, che con zelo non ha cavato un ragno dal buco; e il nonno domenichino ci tratteggia teoria e pratica della posa del parquet interpungendo contumelie perché i listoni vengono tutti gobbe.
Non è una parola molto usata, ma descrive un carattere che conosciamo bene. Non si può contare sul fatto che sia compresa subito da chi la legge o la sente, ma dà insieme un tono prezioso e pratico al discorso, e soprattutto è importante per il tipo di pensiero che ci fa distinguere.