Lunare
lu-nà-re
Significato Proprio della luna, relativo alla luna; che ha caratteri simili a quelli della luna, specie nel senso del lividamente luminoso, del pallido, del desolato, dell’etereo; alieno, fantasioso, di un altro mondo
Etimologia da luna, uguale in latino, da una radice indoeuropea col significato di ‘luminoso, brillante’, da cui lo stesso lux ‘luce’.
- «La sua è una bellezza lunare.»
- «Nella riunione si è alzata e ha fatto un intervento lunare. Proprio dell'altro mondo.»
Parola pubblicata il 17 Settembre 2022
Anche le parole più vecchie e stabili, che si fondano su riferimenti eterni e immutabili, possono innovarsi. Il sole è probabilmente la cosa più vecchia che possiamo percepire nelle nostre giornate, eppure il ‘solare’ nel senso di ‘gioioso, radioso’ (quello di «Sono un ragazzo solare») è nientemeno che novecentesco. E anche per quanto riguarda la luna, la grande vecchia delle nostre notti (con lo sfondo universale e primigenio degli altri astri), certi sensi estesi e figurati si sono aggiunti col tempo. Alcuni sono nientemeno che di moda.
Partiamo dicendo la cosa più semplice: si dice lunare ciò che è proprio della luna, relativo alla luna: parliamo delle basi che si vogliono installare sulla superficie lunare, basi lunari anch’esse, parliamo delle fasi lunari che si avvicendano, parliamo anche del mese lunare, cioè dei 28 giorni che impiega la luna per tornare piena.
Non è ostico nemmeno il fatto che si dica ‘lunare’ ciò che ha qualche carattere simile a quelli della luna: solo, è qui che troviamo una via di ampliamento dell'aggettivo, perché è operando per analogie e metafore su questi caratteri che possiamo lavorare di creatività.
Senza dubbio il tratto più evidente della luna è il suo colore, il modo che ha di essere insieme brillante e bianca, e vagamente irreale. Perciò parliamo del pallore lunare di un viso, perciò parliamo dello splendore lunare di un gioiello argenteo, o della lunare bellezza di una torta glassata a specchio.
Ma questa luce può anche parerci livida, terrea, e condurci in altre direzioni. Come quella di un paesaggio lunare, che si fa alieno se illuminato dal riflesso cereo di luna invece che direttamente dal sole; e magari, avventurandoci su questo altro mondo spettrale, il lunare può riferirsi anche a un certo modo d’essere deserto e alpestre, desolato, che è proprio dei paesaggi lunari — come quando ci ritroviamo nel lunare cantiere, spianato al posto della collina.
Questo tratto luminoso di irrealtà superna avvicina il lunare all’etereo, e lunare può essere una silhouette, un modo di muoversi. C’è qualcosa di distante, nel lunare, di leggero, anche di debole. Possiamo giudicare lunare un sospetto che ci viene in cuore, una gioia lunare è distaccata e fredda.
Risalente a quando si vagheggiava che la luna fosse abitata, lunare si dice anche l’abitante della luna — significato che dà forza all’alienità extraterrestre dell’aggettivo ‘lunare’. La luna è il più vicino specchio di un altro mondo che come esseri umani abbiamo mai avuto. È il luogo della possibilità irreale, dell’alternativa radicale, che sia sogno o fantasticheria, roba campata in aria o incomprensibile — e proprio questo tratto altromondano è al centro di un uso particolarmente à la page. Possiamo parlare delle ipotesi lunari avanzate da una parte politica, che sono schiettamente fantasiose, delle opere lunari dell’artista, che entusiasmano o perplimono, di un annuncio lunare che sgomenta nel modo più profondo, delle battute lunari dell’amico che ha un umorismo tutto suo.
I riferimenti celesti hanno il pregio di essere luoghi comuni: anche nelle loro pieghe più poetiche e retoriche si fondano su caratteri pronti, trasparenti, immediatamente percepibili e condivisi.