Satana
sà-ta-na
Significato Il Diavolo, il Male, l’Anticristo, il Demonio, Lucifero, l’Avversario. Nella Bibbia, alcune volte è usato come nome comune; in altri punti, invece, è nome proprio del Demonio
Etimologia attraverso il greco della Bibbia dei Settanta (traduzione del III secolo a.C. dall’ebraico al greco) Satanas, dall’ebraico Sāṭān. La radice trilittera semitica all’origine è s – t – n, propria di parole legate all’avversare, all’osteggiare.
Parola pubblicata il 11 Settembre 2020
Parole semitiche - con Maria Costanza Boldrini
Parole arabe, parole ebraiche, giunte in italiano dalle vie del commercio, della convivenza e delle tradizioni religiose. Con Maria Costanza Boldrini, dottoressa in lingue, un venerdì su due esploreremo termini di ascendenza mediorientale, originari del ceppo semitico.
Ah, fior di dantisti, filologi ed esegeti si son cavati gli occhi su questo endecasillabo dell’Inferno. Ne son state date spiegazioni di tutti i tipi, alcune tirano in causa il francese, altre l’arabo, altre, ovviamente, l’ebraico. Saremo brevi: non si sa con certezza quale sia il significato delle parole che Dante mette in bocca al personaggio di Pluto. Ma la strada semitica è più che plausibile, vista l’origine della parola Satana.
Satana viene dall’ebraico e deriva da una matrice trilittera composta da s – t – n: il significato è ostacolare, essere l’avversario, essere l’osteggiatore. Ne risulta quindi un semplice nome comune, attribuibile a qualsiasi individuo si opponga ad un altro, che gli sbarri la strada per arrestargli il passo o gli scagli contro un intero esercito. Ma è nel libro di Giobbe che si vede l’osteggiatore mutare il suo status: da avversario qualsiasi egli diventa infatti l’Avversario, poiché sfida Dio e diviene causa d’ogni sorta di dolore, di perdita e di malattia per Giobbe, che, invece, è un uomo “integro e retto, timorato di Dio e lontano dal male.”
Questo passo della Bibbia è uno dei cardini su cui si è sviluppata la teodicea, ovvero il discorso filosofico sul problema dell’esistenza del male. Perché, se esiste una giustizia di Dio, allora esiste anche il male? Il libro di Giobbe, ben lungi dal dare una risposta, sembra porre con grande complessità e profondità questa stessa domanda. Secoli e secoli di teologia e di filosofia non hanno saputo rispondere univocamente (alzi la mano chi sa se, nella storia della filosofia, è stata mai data una risposta univoca ad un problema!).
Alla figura di Satana nel libro di Giobbe è stato associato, secondo la tradizione ecclesiastica, l’angelo caduto e cacciato da San Michele, ovvero Lucifero. Vi è un passo, nel libro del profeta Isaia, che ha avallato questa interpretazione: la fine del re di Babilonia, forse Nabucodonosor o forse Nabonide, è descritta come la rovina dell’angelo superbo:
L’osteggiatore, Satana, Dite, il Diavolo o Lucifero (anche se Lucifero in quanto ‘stella del mattino’ in certi punti del Secondo Testamento è considerato un attributo di Cristo), lo si rivede successivamente nei Vangeli e, ovviamente, nell’Apocalisse, scritta, si tramanda, in greco sull’isola di Patmos dall’apostolo Giovanni, autore anche del quarto vangelo canonico e di tre lettere.
Uscendo dalla tradizione dei testi religiosi, Satana fa capolino in pezzi da novanta della letteratura universale: per far presente solo qualche titolo, ‘Il paradiso perduto’ di John Milton, il ‘Faust’ di Goethe (in cui ha il profilo di Mefistofele) e ovviamente la Divina Commedia.
Dante, nella sua raffinatezza incomparabile, fa pronunciare a Pluto, tra gorgoglii e sbuffi, la parola Satàn: un’anticipazione misteriosa, un nodo gordiano di parole più simili ad un abracadabra da fattura malefica che ad una frase di senso compiuto.
Noi, in effetti, non ne sappiamo di più, né sulle parole di Pluto, né sul problema dell’esistenza del male. Abbiamo però bene impressa la visione del Satana dantesco, colossale e mostruoso, che s’erge nel fondo più marcescente dell’Inferno, con le tre disgustose bocche debordanti di bava mista a lacrime che masticano peccatori, le tre paia d’ali che, turbinando, fanno gelare Cocito.
La bellezza dell’angelo superbo s’è trasformata nella bruttezza suprema: quella del peccato che corrode dentro fino ad uscire fuori, a manifestarsi in tutto il suo orrore.