Forese

fo-ré-se

Significato Di campagna

Etimologia dal latino forensis ‘estraneo’.

  • «È un'usanza forese.»

La contrapposizione fra città e campagna si porta sempre dietro una quantità di connotazioni, di giudizi — che spesso per antico retaggio ruotano intorno al fatto che la campagna è grezza, come chi l’abita. Beninteso, sono lontani i tempi in cui queste forme di pensiero urbanocentrico erano nette e incontrovertibili — quelle che ad esempio hanno generato la cesura fra il villano e l’urbano. Negli ultimi decenni le esperienze che ci hanno reso la campagna più attraente e pettinata si sono moltiplicate.
Così a volte ci può far piacere avere una parola nuova, che si è conservata un po’ più pulita rispetto alle sinonime — perché, come accade agli attrezzi, è meno usata.

‘Forese’ magari ce lo abbiamo in mente come antico nome di persona, perché Forese Donati era un poeta amico di Dante (disputarono una famosa tenzone in versi, e lo incontrerà fra i golosi in Purgatorio), ma è anche un nome comune, e un aggettivo. Nell’italiano antico si diceva forese chi abitava fuori città; è un derivato del latino forensis, un forensis che non ci parla del foro e di dibattiti in tribunale, ma più strettamente di fores. Non serve una dottrina somma per indovinare in questo fores una parentela col nostro ‘fuori’, ma possiamo notare che propriamente fores è l’uscio di casa. Così, con la proiezione di questa apertura tramite cui si manifesta il fuori, il forensis diventa lo straniero, l’estraneo. Comunque anche il forum e quindi il forense-forense sono di questa pianta — il foro romano, piazza d’affari, politica e giudizi, prende forma in quanto spazio esterno.

Oggi ‘forese’ come sostantivo è desueto; solo al meridione sopravvive come bracciante agricolo di piccola azienda. Anche come aggettivo certo non è fra i più comuni ma almeno non è un arcaismo: in questa veste — e così torniamo al punto iniziale — ci racconta la qualità di chi o ciò che è ‘di campagna’. Si siede fra sinonimi di grande valore, certo.

Pensiamo al rustico. Si riferisce storicamente proprio alla campagna (rus in latino), ed è un termine che troviamo sugli annunci immobiliari e sulla passata di pomodoro: da poco socievole, poco raffinato anzi scontroso schivo e sbrigativo, si è aperto a tutto un mondo di promesse di genuinità e di bellezza. Un tavolo rustico di rovere ineguale, un piatto rustico con sapori forti e pezzi grossi, una sistemazione rustica che ci sorprende rivedendo i parametri della comodità, hanno un respiro di libertà e parlano ai sensi in maniera forte e schietta, senza sofisticazioni. Il rurale (etimologicamente vicinissimo) invece ha un profilo un po’ più catastale, burocratico, tecnico. Il campagnolo può essere leziosetto — un soggiorno campagnolo, le primizie campagnole hanno una parte di sensualità meno marcata e un’affettazione maggiore, anche se non arrivano alle idealizzazioni bucoliche e arcadiche. L’agreste si impernia sulla serenità, come anche (pur se in modo forse più pesante) il campestre. Il contadino gioca a carte più scoperte con un aggancio al ruolo, a uno stile di vita della più antica tradizione, genuino ma forse più modesto.

Il forese, invece, ha un tratto arioso. Non affretta riferimenti, nemmeno alla campagna stessa, e non si affanna ad affastellare sensazioni e quadretti. È un tipo di qualità che si limita ad accennare a un fuori che nelle nostre esistenze è sempre più evidente e ha un richiamo sempre maggiore — fuori da caos, calure, costrizioni. Forse il solo profilo che ci evoca più direttamente è quello, informe enorme e pieno di promesse, del fuori porta (che abbiamo or ora scoperto essere un pleonasmo). Siamo sempre nell’ambito dell’impressione, ma è un termine che può avere un ruolo nell’evoluzione del rapporto fra campagna e città, e nella sua indagine compiuta dai nostri discorsi e dai nostri pensieri.

Così parliamo dei nostri passatempi foresi (un tuffo nel bosco, una piantumazione curiosa), delle manifestazioni foresi che richiamano partecipanti da accolte di case, borghetti e casali isolati, delle libertà foresi liberamente concesse a ragazzini e ragazzine, delle semplicità di un teatro forese, di un’apparecchiatura della tavola alla forese.
Ogni parola fa una cosa diversa, e quelle inusuali possono avere chiavi impensate.

Parola pubblicata il 05 Settembre 2023