Infuturare
in-fu-tu-rà-re (io in-fu-tù-ro)
Significato Estendere, portare nel futuro; immortalare
Etimologia composto parasintetico di futuro.
Parola pubblicata il 31 Dicembre 2020
in-fu-tu-rà-re (io in-fu-tù-ro)
Significato Estendere, portare nel futuro; immortalare
Etimologia composto parasintetico di futuro.
Parola pubblicata il 31 Dicembre 2020
Le parole danno corpo ai pensieri, quasi non c’è pensiero fuori dalle parole. Alcuni di questi pensieri che le parole riescono a condensare sono di importanza formidabile — e oggi siamo davanti a un pensiero particolarmente difficile. Non in sé, ma per la prospettiva che richiede. Tanto che non ci stupisce che sia stato inventato in poesia, neologismo dantesco.
Siamo nel XVII canto del Paradiso. Cacciaguida, trisnonno di Dante, ha appena finito di pronunciare la sua celebre profezia, che intreccia il dolore per l’esilio venturo del trisnipote insieme a qualche buon consiglio riguardo alle persone su cui potrà contare. Ma riprende subito con un monito: che Dante non porti rancore ai suoi concittadini che l’hanno esiliato,
Non deve portare rancore poiché la sua vita si proietta nel futuro ben oltre a quando saranno punite le loro perfidie. Le loro storie si spengeranno nel pronto castigo della loro malignità, mentre la vita di Dante s’inoltrerà nel futuro. Chi ricorderà anche uno solo di coloro che hanno infierito su di lui? Mentre lui (come prosegue poche terzine dopo) nei Tre Regni ha appreso cose che, se le riporterà da amico della verità, saranno amare per i suoi contemporanei, ma lo faranno vivere tra coloro / che questo tempo chiameranno antico. Tra di noi, verbigrazia. Potere a stento credibile della poesia, la cui bellezza, sola, fa avverare le profezie che contiene.
Non ci sono altre occorrenze del verbo ‘infuturare’ o ‘infuturarsi’, nella Commedia. Ma è bastata questa: ce ne sono una valanga nella letteratura e nella poesia successiva, fino a Montale, a Pasolini, ai nostri giorni. Un’invenzione alta, impiegata solo in contesti altissimi, ma di un successo che si è scandalosamente infuturato. Non ha l’altezzosità dell’immortalare, la solennità del perpetuare — che con vera spocchia escludono la morte e affermano l’eternità. Parla semplicemente di una direzione interna al futuro. E ha anche la versatilità del descrivere anche solo un’incursione nel domani dell’immaginazione.
L’infuturare e l’infuturarsi non hanno precisamente il tratto dell’esploratore che si fa strada nella foresta a colpi di machete, della navicella che si slancia nell’ignoto, che si addentra nell’esterno — queste sono metafore spaziali. E però hanno il simile tratto di un far avventurare con la mente nel tempo che viene, di un estendere perdurante. Oltretutto va detto: sarà una parola alta come poche, ma si capisce al volo.
Così il narratore infutura l’immaginazione di chi lo ascolta, la migliore politica infutura la sua prospettiva, la legatrice infutura il libro che restaura e lo scultore infutura il suo sentimento in una statua; s’infutura il tempo che corre, s’infutura la vita indomabile, e noi, con qualche proposito, ci infuturiamo.