Palladio

pal-là-dio

Significato Statua mitica che raffigurava Pallade Atena e rendeva inespugnabile la città in cui era conservata; difesa, protezione

Etimologia voce dotta recuperata dal latino Palladium, che è dal greco Palládion ‘statua di Pallade’, da Pallás, epiteto di Atena.

  • «Quella speranza è il suo palladio.»

Ci aspettiamo che l’oggetto sacro con altissimi poteri sovrannaturali — come ad esempio il rendere inespugnabile una città — sia un oggetto maestoso e fatto di materiali preziosi. Il palladio è stato forse il più celebre fra questo genere di talismani, ha avuto numerosi epigoni e continua a vivere nella lingua — però era piuttosto dimesso.

Il palladio originale, quello della prima e più grande narrazione, era custodito a Troia, e il suo furto da parte del duo fraudolento di Ulisse e Diomede è annoverato fra le cause della caduta della città (anzi era uno dei requisiti posti dalla profezia di Eleno, figlio di Priamo, raccontata nell’Eneide). Si trattava di una statua caduta dal cielo (per varie discordi vicissitudini) e ritrovata da Ilo, fondatore di i Troia, che rappresentava la dea Atena — Pallade Atena. ‘Pallade’ era il nome di una ninfa amica della dea, che questa uccise per sbaglio e di cui prese il nome per rimorso — anche se il verbo pállo in greco significa ‘lanciare’, e può essere un riferimento non molto coperto alle virtù guerriere della dea dorìfora, portatrice di lancia.
Il palladio era una statua alta tre cubiti (sui 130 centimetri, per intenderci) ed era rozzamente intagliata nel legno. Questo è un dato molto interessante, perché corrisponde a un certo genere di statua greca delle origini, lo xóanon, intagliata nel legno in maniera primitiva a rappresentare divinità ancestrali. Ce lo descrive abbastanza nel dettaglio (ovviamente a una caterva di secoli di distanza) lo Pseudo-Apollodoro nella sua Biblioteca, e aggiunge che la dea, coi piedi uniti, reggeva nella destra una lancia e nella sinistra rocca e fuso — mestieri della guerra e del focolare, nella sintesi di Atena.

Ulisse entra a Troia in incognito, come mendicante, e incontra Elena, che lo riconosce. Paride è morto, ed Elena rimpiange la vita che aveva a Sparta — così decide di non denunciare Ulisse, e anzi di aiutarlo. In particolare gli indica come trovare il palladio. Insieme a Diomede, nottetempo, il greco rientra in città, trafugano la statua e allora Troia potrà cadere.
Della sorte successiva della mitica statua non si sa poi molto di univoco. Stiamo parlando di storie che si sono sedimentate in millenni, raccontate da innumerevoli voci diverse (peraltro sul punto Omero è di poche parole), ed è stato normale che alte potenze, da Atene a Roma, abbiano preteso con gran fantasia d’essere in possesso del palladio — magari sperso in qualche vasto tesoro.

Oggi, se non siamo noi ad avere in salotto questo antico e potente xóanon (il nonno lo ritrovò arando il campo, ed emana un’aura di indefinibile maestà), dobbiamo accontentarci di usarlo in maniera figurata. Il palladio diventa il talismano ideale che difende un Paese, una società, un gruppo, un singolo — ciò che ne rappresenta la protezione. Posso parlare di come una fazione adamantina sia forte del palladio della giustizia e della ragione, della libertà di stampa che è il palladio della democrazia, di un sito turistico o un’opera che possono essere il palladio di un villaggio altrimenti votato a disgregarsi. E anche di come un pensiero, una convinzione, una speranza sia il palladio di qualcuno.

Poi certo ‘palladio’ può essere anche un aggettivo per riferirsi ad Atena (e potremmo parlare della fronda palladia per intendere l’ulivo, sacro alla dea), e il palladio è anche un elemento, con numero atomico 46, metallo non tanto dissimile dal platino. Ma nella figura del palladio, intagliato nel legno e simbolo di presidio incrollabile, sentiamo degli echi dal profondo della storia che hanno un fascino ineguagliabile.

Parola pubblicata il 12 Marzo 2024