Scheda

schè-da

Significato Documento preconfezionato con campi per comunicare e registrare dati secondo criteri precisi, destinato all’elaborazione e alla catalogazione; tessera; elemento hardware

Etimologia voce dotta recuperata dal latino scheda ‘foglio, striscia di papiro’, mutuato dal greco schéde col medesimo significato, ma propriamente ‘abbozzo, schizzo improvvisato’.

Mamma mia, che cosa noiosa la scheda — e anzi, noiosa nel migliore dei casi, in quello delle schede da studiare e compilare e consegnare, perché altrimenti sa anche essere minacciosa, come quando qualcuno ci scheda. Unici guizzi, paiono le schede elettorali, le schede hardware, e le schede da giocare. Però custodisce una storia da ascoltare.

Questa parola viene attestata in italiano tardissimo, a metà del Settecento. Per dire, una sua parente, la cedola (dal latino schedula, diminutivo di scheda) era in giro già da cinque secoli. Anzi, il suo uso resterà poco connotato ancora per un secolo: è nella seconda metà dell’Ottocento che finalmente la scheda arriva a esprimere tutta la sua forza, nella complessità di burocrazie ormai moderne. Da vago pezzetto di carta diventa il documento predisposto per la comunicazione e registrazione di dati secondo criteri precisi, e che può essere elaborato e ordinato insieme ad altri dello stesso genere. Un’invenzione magari non emozionante come un arrembaggio, ma utile e gagliarda. E che però pesca il suo nome dal passato in maniera sorprendente.

Il latino scheda è mutuato dal greco tardo schéde, che indicava il foglio, il brano di papiro. Ma si trattava di un significato esteso: propriamente, segnalano diverse fonti, indicava l’abbozzo, lo schizzo improvvisato — parente del verbo skhediazo, ‘improvvisare’, appunto.

Forse oggi ci sfugge quanto sia stato importante il papiro per la scrittura; non sarebbe esagerato dire che in Occidente l’unico supporto per la scrittura che può vantare una storia paragonabile è la pietra.
Le lunghe fibre delle piante di papiro vengono disposte in uno strato orizzontale e uno verticale, e quindi schiacciate insieme: così i due strati si incollano naturalmente in un foglio. Questo supporto ha retto il sapere antico, dal III millennio a.C. fino a buona parte del I d.C., con le sue fragilità ma il pregio di essere relativamente economico; poteva essere composto in rotoli lunghissimi, di grande pregio e complessità, ma non mancavano scampoli e fogli scompagnati, che possiamo immaginare fossero l’ideale per gli abbozzi a cui si riferisce l’etimo. Dopotutto anche la nostra scheda, pur pensatissima, è un foglio volante, non un volume.

Il rivolgimento della conquista islamica non lasciò indenni le grandi catene commerciali con cui il papiro veniva esportato dall’Egitto, e pian piano le scorte europee finirono. Il suo commercio non si rivitalizzò mai più, e le schede propriamente dette sparirono; rimasero solo le costosissime pergamene, almeno per un po’. Infatti pare che nella battaglia del Talas, nel 751, combattuta nel cuore dell’Asia fra Arabi e Cinesi, i primi, vincendo, prendessero prigionieri abili nella produzione di un nuovo supporto, usato in Cina già da secoli — la carta. Mentre Carlo Magno veniva incoronato, a Baghdad operavano le prime cartiere, e la carta giunse a Palermo, pare, prima del 1000. Finché nel Duecento Polese da Fabriano… Ma questa è un’altra storia.

Del papiro continuò a echeggiare il nome: le strisce di papiro divennero cedole fatte con quel che c’era, mentre tante lingue si riferiscono ancora alla carta proprio col nome del papiro — paper, papel, papier. Alla fine di questa parabola, l’azione di recupero della parola ‘scheda’ — che le ha procurato in italiano nuovo lustro e significati nuovi — sembra un’azione formidabile, da tifo. E dire che le schede non sembravano molto emozionanti.

Parola pubblicata il 10 Febbraio 2021