Allumare
al-lu-mà-re (io al-lù-mo)
Significato 1) Illuminare, rischiarare, accendere 2) Guardare con attenzione, osservare 3) Trattare con l’allume
Etimologia 1) attraverso il francese alumer, dalla voce del latino parlato ricostruita come alluminare, derivato di lumen ‘luce’, con prefisso ad-. 2) da lume nel senso di ‘occhio’. 3) da alumen ‘allume’.
- «Ho già allumato il regalo giusto per lei.»
Parola pubblicata il 03 Giugno 2025
Impelaghiamoci in una situazione non difficile ma complessa. ‘Allumare’ infatti non è una parola sola: tre parole prendono questa veste. E in particolare due, nate dalla stessa pianta, sono estremamente interessanti, per quanto desuete.
Nell’allumare suona il lume, è chiaro. Già nel Duecento, quando la nostra lingua pianta i primi passi per iscritto, troviamo un ‘allumare’ che significa ‘illuminare’ — una parola parente, questa, attestata addirittura il secolo prima, e che ha conservato gran fortuna ancora oggi.
Ma sentiamo che differenza squisita ci sia, fra i loro due diversi prefissi: l’illuminare ha la decisione del portare dentro la luce, come quando illumino una stanza, o m’illumino d’immenso, di gioia e via dicendo. L’allumare, con il suo a-, invece si limita ad avvicinare una fonte di luce — tant’è che il sole alluma il mondo, le tue parole sagge allumano la mia titubanza, ma posso anche allumare una candela con un’altra. Illuminare, rischiarare, accendere approssimando una fonte di luce e calore, fisica o spirituale — ecco l’allumare. Una parola poco consueta, ma che precisione, che immediatezza, che espressività.
Per amore delle circostanze, aggiungiamo che esiste anche il verbo ‘alluminare’, che ha le sue specificità, ma un interposto passaggio in francese (allumer) ha asciugato l’allumare — e comunque è uno di quei campi in cui una miriade di varianti appena dissimili ha rimbalzato ed echeggiato per lungo tempo.
Il lume però non è solo la lampada o la luce. Con un gusto rétro i lumi sono anche gli occhi — e questa metafora ci ci pianta in viso due lampe, ma pensiamole pure come due torce. È per questo che allumare (forse qui è meno desueto) significa guardare attentamente, osservare. Queste luci metaforiche — che certo effettivamente scintillano più del resto del viso, ma che sono anche sfavilli di presenza, d’intelligenza, di emozione — nel loro appuntarsi qui e lì, nel loro indagare questo e quello, allumano.
Il significato è reso normalmente da sinonimi rilevanti ma a buon mercato, come appunto l’osservare e il guardare; altri si affrettano ad aggiungere dettagli — rimirare, ammirare e contemplare sono in deliquio; l’esaminare, lo squadrare, lo studiare, lo scrutare hanno un tratto inquisitorio, magari anche coperto.
Questo allumare-guardare ci concentra sull’intensità del volto che viene vòlto, dell’attenzione che viene tesa — in maniera forse più simile all’adocchiare (che pure pare più prosaico e… occhiuto). Così posso allumare le persone giuste a cui chiedere indicazioni, allumo una persona che mi ricorda proprio qualcuno in particolare (e forse lo è), lo zio entrando al ristorante alluma una bottiglia che hanno ordinato a un altro tavolo, ed io allumo il tuo bel viso sorridente.
Così l’importanza del modo in cui diciamo lo sguardo che si posa si fa forte di una risorsa in più — insolita, pulita, poetica.
Ma oltre all’allumare-illuminare/accendere, e all’allumare-guardare, c’è un terzo corno, dicevo. Ma diverso. Perché scaturisce non dal lume ma dall’allume (dal latino alumen, di etimo incerto): una famiglia di sali, fra cui spicca classicamente l’allume di rocca, un sale di alluminio e potassio che in passato è stato molto usato per le sue virtù versatili in medicina, tintoria, nella concia delle pelli e via e via. Qui l’allumare è il trattare con l’allume — un significato un po’ più stretto rispetto a quelli degli altri due allumari.