Ammazzasette

Leopardi spiega parole

am-maz-za-sèt-te

Significato Persona che vanta abilità e qualità che non possiede, spaccone, gradasso, sbruffone

Etimologia parola composta dal tema verbale di ammazzare e dal sostantivo sette.

  • «Non ti credo, sei soltanto un ammazzasette!»

C’era una volta un giovane sarto che, essendo riuscito con un unico colpo a uccidere sette mosche che stavano ronzando attorno alla sua colazione, si era cucito una cintura con la scritta “Sette in un colpo” affinché tutti sapessero della sua eroica impresa. Tuttavia, dal momento che chiunque leggesse quella frase pensava si trattasse di nemici, ben presto la sua fama si accrebbe e il sarto, lungi dallo svelare la verità dei fatti e chiarire l’equivoco, continuò invece ad alimentarlo. La farsa si protrasse così tanto da arrivare a convincere il Re a nominarlo primo capitano dell’esercito e poi a concedergli in sposa la figlia, assicurandogli dunque un futuro da sovrano.

Secondo le versioni più accreditate, è proprio questa fiaba del “Piccolo sarto coraggioso” (Das tapfere Schneiderlein) narrata dai fratelli Grimm, che avrebbe dato origine alla bizzarra voce italiana ammazzasette.

Si tratta di una parola certamente colorita, che non passa inosservata né per la mole dei suoni di cui è composta (con queste tre coppie di doppie, non si può definire certo leggiadra) né per ciò che sembra comunicare. Sarà per quell’ammazzare che, già sinonimo del fosco “uccidere”, è caricato di un’ulteriore violenza dall’accostamento alla mazza: alla lettera sarebbe una sorta di “prendere a mazzate”!
Ma è dal sodalizio con l’altro elemento di cui questa parola è composta — sette — che il senso globale viene svelato e l’ammazzare perde ben presto la sua brutalità, sdrammatizzandosi in una voce che di feroce ha ben poco.

Un ammazzasette è infatti chi vanta abilità e qualità — solitamente in termini di forza — che in alcun modo possiede.
Non è una parola troppo comune: diremmo oggi infatti più facilmente fanfarone, gradasso, sbruffone o spaccone. Con quest’ultimo l’ammazzasette condivide, rispetto agli altri, una più esplicita inclinazione fisica, concreta — uno che spacca l’altro che ammazza —, come a voler mostrare sfacciatamente ciò che è, o meglio, vuol far credere di essere.
In questo senso, si capisce, il numero sette diventa fondamentale: il fatto che si tratti di sette mosche e non di sette nemici, determina la vacuità del vanto.

Ma è proprio dietro questo numero che si cèlano i misteri sull’etimologia dell’ammazzasette: a competere con il filone che la vuole inevitabilmente correlata alla trama fiabesca di “Sette in un colpo” c’è infatti un’altra vicenda, stavolta tratta dai libri di storia e ambientata nel cuore del Mediterraneo.
Si racconta che il temibile corsaro ottomano Dragut, quando nel 1565 assedìo l’isola di Malta, fosse accompagnato da un gruppo di soldati speciali, i terribili e sanguinari “matasiete”. Si trattava di guerrieri musulmani fanatici, vestiti di pelle di leone e armati di scimitarre, chiamati così perché in grado di eliminare almeno sei nemici a testa.
Ho letto bene, sei? Esatto: la voce spagnola matasiete (che equivale esattamente ad “ammazzasette”), deriva dalla lingua araba in cui settah (o sittah) è il numero “sei”.
Ad ogni modo, che siano sei oppure sette, è chiaro che in questo caso il significato assunto dalla voce italiana (lo stesso dell’odierno matasiete spagnolo) è da intendersi come ironico, burlesco.

Notava Leopardi che la caratteristica dei composti di due o più parole, preziosa peculiarità delle lingue popolari, sia proprio il loro suonare “burleschi e familiari”, caratteristica che a suo avviso dipende “non tanto dalla composizione, quanto dalla natura delle voci che li formano”.
Come non avvertire infatti la comicità generata da un ammazzare che, spogliato del suo abito truculento ed efferato, in una manciata di numeri si sgonfia nel nonnulla di chi più che di muscoli s’intende bene di chiacchiere.

Parola pubblicata il 23 Gennaio 2023

Leopardi spiega parole - con Andrea Maltoni

Giacomo Leopardi, oltre ad essere un grande poeta, ha osservato e commentato esplicitamente molte parole della nostra lingua. Andrea Maltoni, dottoressa in filologia, in questo ciclo ci racconterà parole facendolo intervenire.