Arguire
La strana coppia
ar-gu-ì-re
Significato Dedurre, desumere, inferire; denotare, palesare
Etimologia voce dotta recuperata dal latino argùere ‘dimostrare’, ma propriamente ‘far brillare, rischiarare’.
Parola pubblicata il 05 Gennaio 2021
La strana coppia - con Salvatore Congiu
Parole sorelle, che dalla stessa origine fioriscono in lingue diverse, possono prendere le pieghe di significato più impensate. Con Salvatore Congiu, insegnante e poliglotta, un martedì su due vedremo una di queste strane coppie, in cui la parola italiana si confronterà con la sorella inglese, francese, spagnola o tedesca.
«In genere la gente litiga perché non sa discutere» recita un celebre aforisma dello scrittore inglese G.K. Chesterton (1874-1936). Il confine tra le due cose, in effetti, è labile, anche nel linguaggio; e che in italiano, non a caso, discutere significhi anche ‘litigare’, e discussione ‘litigio’ non sorprende troppo, visto che l’etimo ci trasporta in lande assai poco placide: fulcro del latino discutere è il verbo quatĕre (quàtere), ossia scuotere, sconquassare. Ma sarà così anche in inglese? Leggiamo la citazione di Chesterton in originale: «People generally quarrel because they cannot argue». In apparenza, le cose peggiorano: litigare è quarrel, mentre discutere è argue – che però, nell’uso comune, ha proprio il senso di ‘litigare’! Poca speranza che la discussione non degeneri, insomma. L’etimo, però, stavolta ci racconta un’altra storia: argue viene dal francese antico arguer, a sua volta dal latino arguĕre (argùere), da cui deriva anche il nostro arguire.
Arguire? E che rapporto potrà mai esserci tra questo verbo così cerebrale, apparentemente alieno dalla contesa e dal dissidio, e il bellicoso argue? Per noi, oggi, ‘arguire’ ha un unico significato: dedurre, desumere, inferire: da una microscopica macchia sulla camicia Miss Marple ha arguito che il colpevole era il maggiordomo; arguisco dal tuo silenzio che sei offesa; dalle pozzanghere per strada si arguisce che stanotte è piovuto. Un tempo, però, vi era un’altra accezione, quella di denotare, palesare – oggi del tutto obsoleta –, che rivela la scaturigine più profonda di questa parola, tale da accomunare non solo arguire e argue, ma anche l’arguto, l’argomento, l’argento, l’argilla e – crepi l’avarizia – pure gli Argonauti. Sciogliamo gli ormeggi.
Tutto inizia da una radice indoeuropea ricostruita arg-, portatrice di significati inerenti alla brillantezza, al chiarore, al biancore. L’aggettivo latino argutus, prima di prendere i significati metaforici di sagace, espressivo, scaltro, aveva infatti quelli sensoriali (attinenti a suoni, immagini, odori o sapori) di nitido, brillante, acuto, penetrante – ed è qui che trovano posto e senso il luccichio dell’argento e il biancore dell’argilla (in greco árgillos era ‘creta bianca’). Similmente, il verbo arguĕre significava anzitutto rischiarare, far brillare; poi, in senso figurato, dimostrare, asserire, provare, e da lì, scivolando fatalmente su un piano inclinato di sempre maggiore aggressività, dimostrare erroneo, confutare, biasimare, incolpare. E da arguĕre, naturalmente, derivò redarguĕre, da cui il nostro redarguire.
L’inglese argue, in effetti, ha conservato e sviluppato coerentemente la varietà dei significati figurati di arguĕre: asserire, sostenere con argomenti (to argue that…), e quindi argomentare, dibattere in modo anche acceso, animato. Ma l’italiano arguire, com’è arrivato al senso di ‘desumere’? Beh, l’argomentare consiste nel dedurre una conclusione da determinate premesse, (argumentum in latino è prova, segno, indizio), e se considero questo procedimento dal punto di vista della coscienza individuale, prescindendo da un interlocutore esterno, ecco che arguire qualcosa, portarlo alla luce, dimostrarlo, equivale a desumerlo, inferirlo.
È qui che arguire e argue si rivelano fratelli: sono entrambi figli di Arguzia, senza la quale in italiano non si arguisce ma si inferisce a pera, in inglese si finisce per litigare – e giustamente Chesterton sottolineava che l’una cosa è causa dell’altra.
No, non abbiamo dimenticato gli Argonauti: Giasone e compagni si chiamavano così perché navigavano sulla nave Argo (‘la Veloce’); ma argós in greco significava, oltre che ‘rapido’, anche ‘splendente, brillante’. Perché le cose veloci, specialmente in mare, guizzando scintillano, balenano…